La storia di Fortnite e il voto nelle recensioni

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I trailer di Fortnite stanno diventando una cosa seria: i fratelli Anthony e Joe Russo, i registi di Avengers: Endgame, hanno lavorato con Epic Games, lo sviluppatore di Fortnite, per scrivere e girare il trailer della sesta stagione del secondo capitolo del gioco. Il video, inoltre, è un’incredibile dimostrazione della quantità di crossover, cioè dell’inclusione di personaggi di altri universi (videoludici, cinematografici etc), in Fortnite. Eccolo

Fortnite è un gioco online il cui scopo è vincere una partita contro altri 99 giocatori: non avrebbe bisogno di una storia né di personaggi caratterizzati. Negli anni, però, Epic Games ha sperimentato con la narrazione molto più di quanto la sua natura di blockbuster richiederebbe. Man mano che il gioco evolveva, Epic Games aggiungeva nuovi pezzi di storia che, però, non venivano raccontati direttamente: era l’isola stessa (terreno di gioco delle varie partite) che “parlava” attraverso costanti mutamenti, come l’introduzione di statue ed edifici. La storia era lì anche quando gli utenti non erano presenti nel momento in cui un evento cambiava il mondo virtuale attorno a loro: vedevano gli effetti di tali mutamenti; esattamente come potresti non vedere un grande cantiere ma soltanto il nuovo quartiere una volta costruito. Non erano necessariamente momenti emozionanti: un iceberg schiantato contro l’isola o terremoti che hanno formato dei crateri. Era un modo, soprattutto, per evitare che l’unica mappa venisse facilmente a noia e potesse allontanare i videogiocatori.

Nel tempo, però, la narrazione  di Fortnite si è fatta più prorompente. Uno dei momenti più seguiti del gioco è stato un gigantesco buco nero che, al termine del primo capitolo, ha risucchiato l’intera isola: gli utenti hanno osservato per ore quel buco nero mentre diventava sempre più grande (da quel buco nero è poi uscita l’isola del secondo capitolo). Senza tralasciare la battaglia con Galactus (un personaggio dell’universo Marvel) che ha concluso la quarta stagione: hanno partecipato oltre 15 milioni di utenti. Anzi, proprio la possibilità di includere personaggi di altri universi narrativi ha permesso a Epic Games di creare eventi e narrazioni che altri giochi non potrebbero nemmeno pensare.

Il responsabile creativo di Epic Games, Donald Mustard, ha spiegato a The Verge che “Fortnite ha una storia perché tutte le esperienze di intrattenimento hanno una buona storia”. Anche se non è facile seguirla, Mustard assicura che Fortnite ha una storia con un inizio e una fine. Il protagonista è l’isola stessa, che continua a evolversi e a cambiare anche in base a ciò che si aspettano le persone: è un protagonista che vive in simbiosi con il giocatore, che subisce i mutamenti dell’isola e allo stesso tempo contribuisce a formarli. “Vogliamo creare l’esperienza di intrattenimento del futuro” ha detto Mustard.


IN POCHI FINISCONO I GIOCHI

Basandosi sui trofei sbloccati dagli utenti PlayStation, il sito Ungeek ha notato che circa metà delle persone che ci hanno giocato hanno completato la storia principale di Ghost of Tsushima (sbloccando quindi il relativo trofeo). A prima vista può sembrare un risultato negativo; ma quando si tratta di giochi lunghi la percentuale può essere ancora più bassa: il 34,1% ha finito Horizon: Zero Dawn; il 28,2% Red Dead Redemption 2 (uno dei principali progetti blockbuster della scorsa generazione) e il 19,8% Assassin’s Creed: Valhalla.

Non è una questione recente: poche persone finiscono davvero i giochi (alcuni esponenti dell’industria ne parlavano anche nel 2014 e nel 2011) e non riguarda unicamente i giochi più longevi. Nonostante le oltre due milioni di copie vendute e/o giocate (il gioco è stato lanciato subito sul servizio su abbonamento Game Pass), a giugno 2020 solo 423 mila persone avevano finito Ori and the Will of the Wisps: e parliamo di un titolo dalla longevità modesta rispetto ad altri.

Dopo aver saputo che il 49% di chi lo ha giocato non ha finito A Way Out, sviluppato da Hazelight Studios, il fondatore Josef Fares ha detto che, sebbene, come visto, sia una percentuale alta rispetto ad altre produzioni, “non è qualcosa di cui dovrei essere felice. Dobbiamo risolvere il problema. I giocatori non stanno nemmeno finendo i giochi”. Secondo Fares il problema è così radicato che gli editori e gli sviluppatori “si stanno concentrando sulla prima parte del gioco perché sanno che è quella che le persone giocheranno”.


IL VOTO NELLE RECENSIONI

Topgamer ha annunciato che rivedrà il modo in cui esprime il suo giudizio sui videogiochi: anziché un voto (che spesso viene mostrato con un numero in una scala da 1 a 10 o da 1 a 100 oppure con delle stelle) sfrutterà diversi simboli, che, oltre al giudizio, descriveranno anche il contenuto.