Nintendo Direct e giochi (a)politici

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C’è stato un Nintendo Direct, cioè un nuovo appuntamento dell’evento in streaming con cui la società fa i suoi annunci. In particolare, Nintendo ha annunciato che la rimasterizzazione per Switch di The Legend of Zelda: Skyward Sword arriverà il 16 luglio; No More Heroes 3 debutterà ad agosto; nel 2022 arriveranno un nuovo gioco di ruolo tattico di Square-Enix, chiamato Project Triangle Strategy, e Splatoon 3. L’evento è durato complessivamente 50 minuti: ed è qui, forse, che Nintendo può aver compiuto il primo errore. Ma andiamo con ordine.

Il giorno prima dell’evento, Nintendo lo ha annunciato specificando che la presentazione si sarebbe focalizzata “sui giochi disponibili come Super Smash Bros Ultimate e giochi in arrivo su Nintendo Switch nella prima metà del 2021”. Non solo su questi; ma sarebbero stati, insomma, il succo del Nintendo Direct. Il fatto che durasse a lungo ha dato adito a molti utenti, senza avere alcuna base, di pensare che sarebbe stato il momento in cui Nintendo sarebbe tornata a parlare del seguito di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, annunciato nel 2019; oppure di Bayonetta 3, annunciato nel 2017; o di Metroid Prime 4, il cui sviluppo venne confermato ufficialmente nel 2017 (ma due anni dopo Nintendo ha riavviato lo sviluppo). Sono giochi molto attesi; inoltre, Nintendo non organizzava un Direct dalla fine del 2019: è passato abbastanza tempo, secondo molti, per avere dettagli sui titoli più attesi, in un anno che al momento lascia poco spazio a uscite rilevanti, su ogni piattaforma.

Il risultato ha quindi deluso un po’ le aspettative di queste persone: la presentazione è stata ricca di giochi, ma tanti sono rimasterizzazioni o riedizioni di giochi già conosciuti (come Ninja Gaiden, Plants vs Zombies e Miitopia).

Innanzitutto, bisogna considerare che, per vari motivi, ogni presentazione di Nintendo è carica di aspettative. Un po’ per colpa della società, che per lungo ha giocato con l’attesa degli utenti per generare attenzione sui propri eventi (celebre la frase “My body is ready” dell’ex presidente di Nintendo of America, Reginald Fils-Aime): e quando l’asticella è sempre così alta, è molto facile sbagliare. Un po’ per colpa dei giornalisti, che nei giorni e nelle ore precedenti a un Nintendo Direct rilanciano ogni tipo di indiscrezione (credibile o meno): un comportamento legato al punto 1; ossia che gli utenti hanno certe attese e vedere tali notizie, su cui cliccano, conferma tali aspettative. Insomma: un circolo vizioso che ha spesso portato Nintendo a vivere momenti altalenanti: grande attesa prima dell’evento; forte delusione al seguito.

L’ex presidente di Nintendo of America è diventato un meme.

Difficile addossare a Nintendo la colpa di aver organizzato una presentazione di 50 minuti: i giochi di cui parlare sono stati tanti. Inoltre, la società era stata abbastanza cauta nel sottolineare che la gran parte della presentazione sarebbe stata concentrata sui giochi in arrivo entro la fine di giugno; è vero, però, che produzioni come The Legend of Zelda: Skyward Sword HD e No More Heroes 3 arrivano dopo (a luglio e ad agosto rispettivamente); così come è vero che ha svelato Project Triangle Strategy e Splatoon 3, entrambi previsti addirittura il prossimo anno. Il nodo della questione è uno: e si chiama pandemia.

Il lavoro da remoto ha complicato tanti settori e lo sviluppo dei videogiochi è uno di questi: coordinare da remoto la realizzazione anche di un semplice trailer è complesso. Ciò ha probabilmente portato Nintendo a non avere ancora una finestra credibile su giochi molto attesi; e quindi a non voler dire nulla su di essi per non commettere di nuovo il suo principale errore: aver annunciato Bayonetta 3, Metroid Prime 4 e il seguito di The Legend of Zelda: Breath of the Wild troppo in anticipo; senza che, di fatto, avesse qualcosa da mostrare. Metroid Prime 4 è il caso più eclatante: venne ufficializzato addirittura con un semplice logo. Nintendo sapeva che sarebbe bastato pochissimo per soddisfare le aspettative dei fan e creare “buzz” (cioè molte chiacchiere) attorno alla console per mesi. Tali fan, però, poi, chiedono i frutti del lavoro: e dopo tre anni e mezzo di quel gioco non sappiamo ancora nulla.


GIOCHIAMO ALLA GUERRA

Hanno fatto discutere le parole di Peter Tamte, a capo di Victura, la società che pubblicherà Six Days in Fallujah: ha sottolineato che il gioco – ambientato durante la battaglia di Fallujah del 2004 – non intende essere politico. La volontà della società, invece, è di “generare empatia verso le truppe americane sul campo, il loro lavoro nella distruzione dei ribelli insediati a Fallujah e i civili intrappolati nel mezzo”. L’intervista (disponibile su Polygon) ha riaperto una discussione frequente: è possibile fare videogiochi di guerra che non siano politici? La risposta, a mio avviso, è una: no, non è possibile.