Da mesi continuiamo a parlare di licenziamenti e di chiusure nel settore dei videogiochi. Ne parliamo come di un momento di assestamento da parte delle società, che hanno dovuto riassestare le loro risorse a seguito del rallentamento dell’economia e anche del settore, che veniva da anni di pandemia e quindi di accelerazione imprevista.
I licenziamenti hanno riguardato tante società, da Microsoft a Take-Two fino a Unity e Team17. E ora sono arrivati anche in Italia: Ubisoft ha deciso di chiudere la sua sede di Assago come parte di una riorganizzazione europea che riguarda l’area di publishing. Cioè quella che si occupa della distribuzione e del marketing dei videogiochi. Wired ha riportato che verranno licenziate 14 persone.
Per chiarire: Ubisoft Milan, che ha lavorato ai due capitoli di Mario + Rabbids, non è coinvolto in questa manovra.
Si tratta di un evento notevole per due ragioni.
La prima: i licenziamenti diventano più reali. Finché erano negli Stati Uniti o in Francia o in Belgio, erano lontani. Ma come tante altre cose, quando si avvicinano a casa, diventa tutto più concreto e più reale. Come a dire: qualcosa di cui si parlava lontano da noi, invece può arrivare anche qua.
La seconda: Ubisoft non è la prima società che decide di lasciare l’Italia. In Italia manca Activision, per esempio. Manca Konami. Tante società si affidano ad agenzie terze per i comunicati stampa, l’organizzazione degli eventi e la distribuzione dei codici per le recensioni, che sono alla base del rapporto con la stampa.
E al di là dei numeri e del volume del mercato italiano, anche questa è una parte della storia. Perché se è un fatto che sempre più videogiochi vengono realizzati in Italia da persone italiane e da studi italiani – anche con grande successo – indicando una crescita evidente, è anche vero che il mercato italiano resta comunque secondario.
Al punto che una società come Ubisoft, una delle più importanti al mondo, può decidere di lasciarlo, come ha fatto anche con la filiale dell’area Benelux (Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo).
Non penso che il mercato italiano ora valga meno perché Ubisoft ha chiuso in Italia. Ma penso che la presenza di Ubisoft in Italia servisse anche a valorizzare il ruolo dell’Italia nello scenario videoludico internazionale. E quindi, in ogni caso, io penso che tutti abbiamo perso qualcosa, con questa decisione. Un pensiero speciale, poi, a chi ha perso il lavoro.
Massimiliano
Il 31 marzo chiuderanno i negozi online di Wii U e di Nintendo 3DS. Significa che tutti i giochi in digitale non saranno più acquistabili da un giorno all’altro.
Non è la prima volta che succede. Situazioni simili, forse ancora più impattanti, ci sono state quando, nel 2017, l’App Store di iOS è passato a supportare soltanto le applicazioni a 64-bit, lasciando indietro tutte le altre applicazioni che non sono state aggiornate (le applicazioni a 32-bit installate non potevano essere eseguite sui dispositivi da iOS 11 in avanti). E quelle applicazioni, ce le siamo perse. La stessa cosa è successa nel 2021 con il Play Store di Android.
O quando, sempre nel 2021, ha chiuso il negozio digitale di PSP – mentre le lamentele hanno salvato quello di PS3 e di PS Vita. Almeno per ora.
Il problema riguarda il modo in cui non stiamo conservando i videogiochi.
Il formato fisico per tanto tempo è stato un luogo sicuro; ma le moderne console spesso chiedono un aggiornamento del gioco anche per la primissima partita. Il che significa che il pezzo fisico può essere ugualmente inutile.
Nel perderci per strada i videogiochi, ci perdiamo pezzi di cultura, pezzi di storia.
Il problema più grave, forse, è che non ce ne stiamo davvero occupando.
L’assenza delle istituzioni
“Lo scoglio più grande è che forse manca un interesse pubblico a conservare il videogioco”.
A parlare è Andrea Dresseno, in Italia probabilmente la persona più esperta quando si parla di conservazione del videogioco. Per un semplice motivo: per anni è stato il responsabile dell’Archivio Videoludico che si trovava alla Cineteca di Bologna e che per anni è stata la maggiore iniziativa italiana per conservare i videogiochi.
Nel 2021, la Fondazione Cineteca ha scelto di darlo in gestione al Comune, che poi lo ha spostato successivamente all’interno della Salaborsa Lab, uno spazio multimediale che si trova presso l’ex biblioteca Ruffini, sempre a Bologna. La biblioteca Salaborsa Lab è stato inaugurato a maggio 2022. Rispetto ai videogiochi, la nota stampa dice che “in Salaborsa Lab troverà spazio e verrà messo a disposizione di tutti anche l’Archivio Videoludico, recentemente donato al Comune dalla Fondazione Cineteca di Bologna. Si tratta di una ricchissima collezione di migliaia di videogiochi – prosegue la nota – con le relative consolle [sic] che punta non solo a salvaguardare il patrimonio storico videoludico ma anche a promuovere un percorso di riflessione e analisi sul videogioco con gli altri strumenti di comunicazione di massa”.
I perché di quella decisione – spostare l’archivio – sono ancora aleatori.
Di fatto, il principale archivio di videogiochi in Italia è stato travasato in due sale all’interno di uno spazio multimediale. I videogiochi sono fisicamente su degli scaffali aperti (cioè non protetti) e chiunque può accedervi liberamente.
Ho chiesto a Maria Chiara Corazza, che gestisce le collezioni della Biblioteca Salaborsa, maggiori informazioni su come sarà gestito l’archivio ereditato, che vanta 6.000 articoli.