Lo strano caso dei videogiochi: tanto cercati, quanto difficili da realizzare

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

La notizia ormai dovresti averla già intercettata: la versione per PC di The Last of Us Parte 1 è uscita un po’ così.

Nel senso che fin dal primo giorno sono emersi problemi tecnici di vario tipo, come chiusure inaspettate dell’applicazione o cali della frequenza dei fotogrammi.

Peraltro, posso confermare che i codici per le recensioni sono arrivati il giorno stesso del lancio sul mercato, cioè il 28 marzo.

In genere, questo è un cattivo segnale perché può significare che fino all’ultimo minuto gli sviluppatori hanno lavorato al gioco (e quindi sono in ritardo); o che, peggio ancora, l’editore sa dei problemi e ha cercato di evitare che al lancio uscissero recensioni che evidenziavano quei problemi per non intralciare il momento di grande visibilità.

Qualcosa di simile, per intenderci, è successo quando le redazioni non hanno ricevuto codici per le versioni console di Cyberpunk 2077 quando è uscito a dicembre 2020.

Naughty Dog ha riconosciuto i problemi e ha promesso miglioramenti nel breve termine, attraverso vari aggiornamenti. Ordinaria amministrazione.

Forse, però, il problema è anche questo: cioè che casi così eclatanti di problemi al lancio siano ordinaria amministrazione in un’industria creativa che oggi parla a centinaia di milioni di persone – miliardi, secondo alcuni – e viene guardata con interesse dal cinema e dalla TV.

Come può un medium considerarsi maturo se le sue produzioni maggiori – quelle che più di tutte parlano del mezzo e lo comunicano all’esterno, al pubblico più ampio possibile – possono permettersi di arrivare sul mercato in questo stato?

The Last of Us: da videogioco a serie TV e viceversa

Il fatto che si tratti proprio di The Last of Us è ancora più emblematico e rappresenta perfettamente la contraddizione che voglio evidenziare.

La serie TV tratta dal gioco – trasmessa da HBO negli Stati Uniti, infrangendo tanti record, e in Italia da Sky – è già diventata un caso di successo.

Se ne parla come del miglior adattamento mai fatto per un videogioco; è già stata rinnovata per altre stagioni; sono stati riconosciuti meriti sia a Pedro Pascal (che interpreta Joel nella serie) sia a Bella Ramsey (Ellie) nonché a Neil Druckmann e Craig Mazin per aver sceneggiato così bene la storia.

Prova a immaginare, invece, che la serie TV – com’è stato per il videogioco su PC – fosse stata trasmessa con evidenti problemi tecnici tali per cui sarebbe difficile persino pensare di continuare a vederla.

Per esempio, gravi lacune nella sincronizzazione del labiale oppure fotogrammi mancanti in una scena.

E se leggendo questo esempio hai faticato a immaginartelo, allora sei d’accordo con me: sarebbe davvero, davvero assurdo che una serie TV possa essere trasmessa in un tale stato. Infatti, non succede.

Certo: casi come scene così scure da essere quasi inguardabili sono accadute nella storia recente della TV; ma sono casi talmente sporadici che alla fine rientrano in quelle eccezioni che confermano la regola.

Perché, invece, una delle produzioni più attese dei videogiochi può arrivare sul mercato in un simile stato? E perché, tutto sommato, ci sembra qualcosa di…normale?

Sia chiaro: fare videogiochi è difficile.

Bisogna fare tutto da zero e mentre una scena di un film o di una serie TV se viene male viene semplicemente girata una seconda, una terza o persino una ventesima volta, con i videogiochi non si può fare. Ogni cosa dev’essere misurata e calcolata anche in funziona di qualcosa che non si può prevedere al 100%: come giocheranno le persone.

Inoltre, se giri una scena di un film in un parco, non devi assicurarti di creare gli alberi e come si muovono e che colore hanno e cosa succede se ci si avvicina all’albero correndo oppure se lo si fa camminando o saltando: il parco è lì, risponde alle leggi della fisica e non ci saranno problemi.

Nella produzione dei videogiochi persino identificare la causa di un problema può essere difficile e porta via tempo e risorse, che a loro volta rubano spazio ad altri aspetti del gioco che non riescono a essere ripuliti in tempo per il lancio. È come camminare sul filo del rasoio, ma il filo ti punge i piedi e scotta pure da morire.

Ciò provoca una reazione a catena che ci riporta a The Last of Us Parte 1 su PC.

Da una parte, c’è stato il lato positivo del videogioco. Una storia apprezzata che è stata trasposta bene in TV e che ha portato il materiale originale a essere conosciuto da altre persone.

Dall’altra, quello stesso materiale originale, trasposto su PC, ha raccontato la parte negativa del videogioco con le contraddizioni che continuano a definirlo e le difficoltà produttive e logistiche che continua a portarsi dietro dopo decenni.

Due facce della stessa medaglia dell’assurdità.

Dopo Assassin’s Creed: Unity, dopo Cyberpunk 2077, dopo tutti i giochi che, anche nel passato recente, sono stati pubblicati in cattive condizioni: perché a volte ho l’impressione che siamo ancora al punto di partenza?