Alla fine, tutto è passato senza che ci fosse una tempesta. Nella serata italiana del 15 febbraio, Phil Spencer (amministratore delegato di Microsoft Gaming), Sarah Bond (presidente di Xbox) e Matt Booty (responsabile degli Xbox Game Studios) hanno fornito un aggiornamento di business sulla futura visione di Xbox. In altre parole: come intendono gestire l’esclusività dei loro videogiochi e quali portare sulle console PlayStation e Nintendo.
Per ora, Spencer ha solo detto che saranno quattro i giochi oggi disponibili solo per Xbox e PC che verranno portati altrove, ma non ha detto quali, lasciando tempo ai rispettivi sviluppatori di organizzare l’annuncio come meglio credono.
Due saranno “guidati dalla comunità” (leggasi: videogiochi online) e “che hanno raggiunto il loro pieno potenziale su Xbox e PC”. Per crescere ancora, quindi, hanno bisogno di ulteriore pubblico, che si trova altrove, sulle piattaforme concorrenti. Gli altri due videogiochi, invece, non sono mai davvero stati pensati per essere un’esclusiva.
Inoltre, fra i giochi oggi previsti per le altre console non ci sono né Starfield né il prossimo Indiana Jones e l’Antico Cerchio. Per Microsoft portare questi videogiochi su altre piattaforme significa garantire loro l’opportunità di realizzare altre iterazioni della serie e di garantire a queste serie, qualunque siano, un futuro migliore.
Partendo da un presupposto, secondo Spencer: “Non danneggiamo Xbox se usiamo altre piattaforme in questo modo”. Come a dire: non c’è niente di male se dopo un anno di esclusiva anche altre persone possono giocare a determinati videogiochi. Con alcuni capisaldi che restano: solo su Xbox saranno giocabili su Game Pass (che ha raggiunto 34 milioni di persone abbonate dopo la spinta di Game Pass Core) fin dal primo giorno; e Game Pass resterà solo su Xbox.
Inoltre, Spencer ha chiarito che sì, questi quattro giochi misteriosi arriveranno su altre piattaforme; ma che ciò non significa che allora tutti i futuri giochi Xbox potrebbero arrivare anche su PlayStation e console Nintendo. “Per favore, non prendetelo come un segnale che allora tutto arriverà. Non è così”, ha puntualizzato.
Bond ha approfittato dell’occasione per annunciare che dal 28 marzo inizieranno ad arrivare i videogiochi di Activision e Blizzard su Game Pass, cominciando con Diablo IV.
Al termine dell’aggiornamento, quindi, si sa ben poco di più rispetto a quali videogiochi verranno portati anche altrove. In compenso, ci sono alcune affermazioni che vanno considerate con maggiore attenzione.
Dieci anni di progetti
“Le persone giocheranno a Xbox su vari dispositivi. Xbox è una piattaforma per i creatori che vogliono raggiungere il maggior numero di giocatori. Una strategia su cui stiamo puntando da, diciamo, una decade”, ha detto Spencer.
Ma è davvero così?
Nel 2014 Spencer è stato nominato responsabile di Xbox dall’amministratore delegato di Microsoft Satya Nadella: è da quel momento che Spencer, legittimamente, segna il percorso che oggi sta portando Microsoft ad ampliare la sua strategia.
“Nel 2023 l’industria non è davvero cresciuta”, ha detto. Tanti bellissimi videogiochi (“Ne parleremo ancora fra dieci anni”) ma il pubblico, in sostanza, è sempre quello. Il bivio che Microsoft vede include da una parte monetizzare sulle stesse persone di sempre; dall’altra, espandere il pubblico. Che è proprio ciò che Xbox vuole fare abbracciando una visione di Xbox ovunque: anche su smartphone con il cloud e, se serve, su PlayStation e console Nintendo.
Niente di nuovo: è da anni che Microsoft non rivela più le vendite delle console (anche perché il confronto con PlayStation e Nintendo sarebbe amaro) e che insiste sull’ampliamento dell’ecosistema Xbox. Già nel 2016, Xbox Play Anywhere consentiva di comprare un videogioco su Xbox e poterlo giocare, con la stessa progressione, anche su PC Windows 10 (e poi Windows 11). Soprattutto, per Spencer, “in 5-10 anni i videogiochi in esclusiva, le esclusive per un unico pezzo di hardware, saranno una parte sempre più piccola dell’industria”.
Come a voler avvertire: siamo i primi, ma vedrete che altri seguiranno.
D’altronde, nella presentazione fiscale, il direttore operativo di Sony, Hiroki Totoki, è stato chiaro: per aumentare i margini è necessario che altri videogiochi di prime parti (pubblicati da Sony, ma non per forza sviluppati da Sony) arrivino contemporaneamente anche su PC. Cioè la strategia che Xbox implementa più o meno da quando è arrivato Spencer.
“Fino a cinque anni fa la piattaforma era la cosa importante, così come i giochi che c’erano su quella piattaforma”, ha aggiunto Booty. “Ora Roblox e Fortnite sono più grandi delle piattaforme”.
Un’evoluzione di mercato che non è passata inosservata e che per Xbox sembra andare solo nella direzione di avere più videogiochi multipiattaforma, seguendo quella politica di valutare “caso per caso” che proprio Spencer aveva delineato negli anni scorsi.
Un problema (forse) più grave
Al di là di questa novità, gli ultimi giorni di Xbox hanno fatto capire una cosa: anche il pubblico più affezionato non ha fiducia nella dirigenza.
Quando sono emerse le prime indiscrezioni sul cambio di rotta, tantissime persone hanno messo in dubbio persino la possibilità di vedere sul mercato ulteriori console Xbox. Nonostante i tanti passi falsi, nessuno mette in dubbio che ci sarà un’altra console PlayStation e un’altra console Nintendo: persino quando Wii U andò molto male, nessuno pensò che Nintendo avrebbe potuto smettere di produrre console.
Quando Google annunciò Stadia, lo fece come iniziativa molto distante da ciò che è il suo giro d’affari principali: e anzi per tanto tempo si è detto e scritto molto proprio di quanto tempo sarebbe passato prima che anche Stadia – come poi effettivamente è stato – sarebbe entrata nel cimitero dei servizi di Google. Ma Xbox è nel settore dei videogiochi dal 2002: eppure, 22 anni dopo e dopo aver investito 69 miliardi di dollari solo per comprare un’altra società, non è scontato che lo resterà, come produttore hardware, per altri anni. Almeno non lo è nella mente dei suoi più appassionati utenti.
Ed è questo clima di sfiducia nei confronti di Xbox – alimentato da una comunicazione aziendale spesso vaga e talvolta anche incoerente – forse la problematica più grave, che il discorso di Spencer, Bond e Booty ha solo rimandato. Non basta affermare, come ha fatto Spencer, che Microsoft vuole mettere Xbox in una posizione migliore affinché resti qui per altri 20 anni. Serve che gli altri ci credano.