L’espansione di NetEase

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

L’altro giorno su X, ex Twitter, sono inciampato in un post pubblicato da Alexander Battaglia di Digital Foundry. In questo post, in breve, racconta di un incontro con un ragazzino, a cui ha detto di giocare a Minecraft su PC. “Devi essere davvero vecchio”, ha risposto il bambino settenne, che gli aveva chiesto se Minecraft lo giocasse su smartphone o su tablet.

La popolarità del mobile, dei videogiochi gratuiti, dei Minecraft, dei Fortnite e dei Roblox è certamente dovuta a una nuova generazione di videogiocatori e videogiocatrici, che sta riconoscendo in queste esperienze il sinonimo di videogioco. Così come per i nostri genitori “PlayStation” era qualunque console. Anche se aveva una grossa scritta “Nintendo” sopra, era comunque “laplay” (tutto attaccato).

Fin da quando ho memoria, ogni volta che un giornale o una trasmissione televisiva parlava dei videogiochi in maniera scomposta – accade ancora oggi, a dire il vero – la risposta tipo è sempre stata: “Bisogna aspettare il ricambio generazionale”.

A un certo punto, le persone che avevano 15-20-25 anni negli anni 2000 sarebbero diventate genitori: e avrebbero cresciuto la prole sulla base di un avvicinamento ai videogiochi già avvenuto. Senza, quindi, trattare i videogiochi come se fossero qualcosa da evitare come una malattia, per intenderci, o come una perdita di tempo o come il nuovo rock ‘n’ roll. Perché sapevano cos’erano, non erano estranee alla tecnologia.

Questa idea del ricambio generazionale è stata detta così spesso che nel caso migliore è diventato un mantra; in quello peggiore un meme.

Il punto però è che questo ricambio generazionale è arrivato: e ai più non piace.

Le persone come quel bambino raccontato da Battaglia nel suo post sono la generazione che si rapporta con i videogiochi fin da piccoli, cresciuta da una generazione dove i videogiochi non erano una cosa strana (certo, qualche eccezione c’è, figuriamoci). Però la spaccatura c’è lo stesso: per i millennial il riferimento era Final Fantasy su PlayStation; ora c’è Roblox su mobile.

La nuova generazione – che come in ogni campo commerciale è quella più inseguita dal marketing – sta plasmando una nuova esperienza: è disinteressata alle esclusive; vuole che un videogioco sia accessibile su ogni piattaforma; è abituata agli abbonamenti mensili e alla fruizione digitale.

Ora che il ricambio generazionale è arrivato, ora che per davvero sta avvenendo ciò che per tanti anni è stato auspicato, ora che la trasformazione è in atto; ora non ci piace. Perché la generazione che stanno sostituendo è la nostra.

Massimiliano


Mentre in Europa e negli Stati Uniti le aziende di videogiochi annunciano chiusure e tagli al personale, in Cina una società sta continuando a espandersi: NetEase.

Si tratta della società che per 14 anni ha collaborato con Blizzard per pubblicare videogiochi come Diablo e World of Warcraft in Cina, prima che il rapporto cessasse alla fine del 2022 per divergenza di vedute sul proseguimento. Così da gennaio 2023 i videogiochi di Blizzard non sono più accessibili in Cina.

A partire dalla metà del 2022, NetEase ha espanso la sua impronta occidentale in due modi: aprendo nuovi studi – partendo dall’esperienza di persone veterane dell’industria – oppure investendo in studi preesistenti. Il più recente annuncio è stato quello di Bulletfarm: ha sede ad Austin, in Texas, e intende realizzare un videogioco ad alto budget per console.