Alla fine dell’anno si fanno due cose. Una è un resoconto di ciò che sono stati i dodici mesi precedenti. La seconda è prevedere che succederà in quelli successivi. Di previsioni ho scelto di non farne più: l’anno scorso ci ho provato, più o meno, e molte le ho sbagliate.
D’altronde, quest’anno ci ha dimostrato ancora una volta che il settore dei videogiochi non può essere inserito in una macroprevisione generale, che riesca, in qualche modo e zigzagando, a mettere insieme tutte le varie fattispecie.
All’inizio dell’anno non avremmo mai potuto prevedere i successi di Palworld e di Helldivers 2. E nemmeno il tonfo clamoroso di Concord: il più grande insuccesso di Sony da credo sempre.
Forse avremmo potuto prevedere PlayStation 5 Pro; ma non avevamo previsto che Nintendo avrebbe scelto di aspettare un altro anno prima di lasciare indietro Switch.
E con gli occhi – questo è sempre un grave errore – sempre fissi sui grandi videogiochi, non avevamo previsto Animal Well, strano figlio di uno sviluppatore uscito da NetherRealm Studios e di un editore nato da YouTube, e nemmeno Balatro: progetto laterale di uno sviluppatore solitario, che ha scelto di restare anonimo, e che s’è preso le milioni di unità vendute e i premi dei migliori videogiochi dell’anno. L’ennesimo videogioco di carte, che invece ha fatto il contrario delle attese.
L’anno che è stato si è trascinato gli errori della gestione pandemica: hanno chiuso altri studi e migliaia di persone sono state licenziate.
Il giornalismo videoludico è in condizioni pessime: ha chiuso Game Informer; Kotaku, nella sua sostanza, ha smesso di esistere, e ormai è un cumulo di articoli per Google senza nemmeno più i commenti; lo zoccolo duro della redazione di Gamesindustry (Brendan Sinclair, Marie Dealessandri, James Batchelor e Christopher Dring) non ne fa più parte. Ci restano i siti di informazione finanziati da Walmart.
Se proprio volete la mia, il 2024 è stato allo stesso tempo il brutto e il bello del settore dei videogiochi. Le piccole produzioni hanno fatto mangiare la polvere a quelle grandi e l’inventiva, quella sì non manca mai.
Ma come industria si continua a dimostrare poco lungimirante, incapace di gestire le persone che la coltivano e troppo legata alle multinazionali.
Vi vorrei tanto dire che nel 2025 le cose miglioreranno. Ma non ci credo e, come ho detto, ho smesso di fare troppe previsioni.
Massimiliano
La mia esperienza con la serie Shenmue è particolare. Ho iniziato la serie con il secondo. E non su Dreamcast, la sua console originale; bensì su Xbox, dove Shenmue 2 è stato ripubblicato nel 2002.
Solo di recente ho potuto giocare per la prima volta a Shenmue e l’ho fatto proprio su Dreamcast. Nonostante siano passati 25 anni esatti dopo la sua prima pubblicazione in Giappone – era infatti il 29 dicembre 1999 – è evidente ancora oggi che cosa sia stato questo videogioco. Con tutti i suoi limiti.