Le accuse ad Activision Blizzard

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Il Dipartimento per un equo impiego e alloggio della California ha denunciato Activision Blizzard, editore di Call of Duty e World of Warcraft, a causa di una cultura aziendale di “costanti molestie sessuali” e “discriminazione di genere”.

L’accusa è tristemente comune: i dipendenti di genere maschile facevano frequenti commenti sessisti oppure commentavano apertamente il corpo femminile e molestavano le colleghe, una situazione che viene definita “bro culture“, tipica, per esempio, delle confraternite statunitensi.

I dipendenti si presentavano frequentemente a lavoro ubriachi e, prosegue l’accusa, alti dirigenti, fra cui il presidente di Blizzard, J. Allen Brack, erano a conoscenza e in alcune occasioni persino coinvolti. Come ci si può aspettare, la società ha negato le accuse, sottolineando che l’accusa ha “distorto” il racconto e che il resoconto è “inaccurato”.

In una lettera inviata ai dipendenti, Brack ha definito “estremamente preoccupanti” le accuse rivolte all’azienda e il danno che è stato fatto ai dipendenti. Inoltre, ha scritto che “io disdegno la ‘bro culture’ e ho speso la mia vita nel combatterla”. Ecco perché sta ritornando alla ribalta un video di una BlizzCon del 2010. Durante una sessione aperta di domande e risposte, una ragazza chiede agli sviluppatori di Blizzard, fra cui Brack, se fosse possibile avere personaggi femminili che “non sembrino usciti da un catalogo di Victoria’s Secret”. L’intero tavolo di sviluppo, Brack compreso, scoppia a ridere.

Uno di loro, Tom Chilton, al tempo game director di World of Warcraft, commenta dicendo “da qualche altro catalogo vorresti che saltassero fuori?”. All’evidente imbarazzo della ragazza, che si aspettava una risposta che quanto meno avesse preso seriamente la sua domanda, Alex Afrasiabi, allora lead world director, aggiunge: “Vogliamo variare i nostri personaggi femminili, per cui sceglieremo altri cataloghi”.

In World of Warcraft è stata organizzata una marcia di protesta contro l’azienda. Alcuni siti di informazione videoludica, come The Gamer, GameXplain e Prima Games, smetteranno di coprire i giochi di Activision Blizzard fintanto che non verrà fatta chiarezza.