In questi anni si è spesso dibattuto su quale debba essere il futuro dell’industria dei videogiochi affinché sia più “sostenibile”. Non soltanto inteso come “fare soldi e pagare tutti”. Ma anche per fare in modo che non servano anni e anni di lavoro di centinaia di persone per realizzare un grande videogioco; oppure che queste persone non rischino il licenziamento nonostante i videogiochi vendano milioni di copie o non sappiano dove altro andare a cercarlo perché, nel frattempo, più o meno tutti stanno licenziando.
Fra le ipotesi c’è un rallentamento generale della produzione. O perlomeno una diminuzione della portata dei videogiochi: che ogni anno e a ogni iterazione devono essere più grandi, più ricchi, più densi. Il responsabile di Halo Studios (fino a pochi giorni fa nota come 343 Industries), cioè Pierre Hintze, ha sottolineato che “crediamo che le abitudini di consumo dei videogiocatori siano cambiate – l’aspettativa di quanto velocemente è disponibile un contenuto”.
Lo sanno tutti, è un dato di fatto. Vale soprattutto per i videogiochi online, che hanno bisogno di tenere le persone all’interno di quello specifico recinto virtuale per evitare che vadano da altre parti. Che giochino altri videogiochi, insomma; e spendano in altri videogiochi.
Questo calo, però, significherebbe tante altre cose. Non soltanto videogiochi che durano meno o che hanno una grafica meno realistica; ma anche avere meno eventi da commentare perché ci sono meno videogiochi da annunciare. Oppure avere a che fare con più “more of the same”: videogiochi che riprendono meccaniche o modelli dei precedenti capitoli per proporre una nuova esperienza. Di fatto, significherebbe ridurre tutto ciò che riguarda i videogiochi.
Mi chiedo se siamo pronti a questo.
Anche l’informazione e la discussione sui videogiochi vivono dello stesso volume che caratterizza la produzione. Si avvantaggiano dei tanti annunci, dei tanti videogiochi: perché c’è molto di cui parlare. E nel momento in cui ci si inizia a stancare di un videogioco, e accade sempre più velocemente, ecco che già un altro è arrivato per essere protagonista dei commenti.
Una cosa è dire “servono videogiochi meno ipertrofici”. Un’altra è prendere consapevolezza che significa avere “meno” di tutto ciò che c’è oggi in giro. Meno eventi, meno sorprese, meno contenuti, meno ore di gioco.
Massimiliano
Roblox è uno dei casi più rilevanti degli ultimi anni nell’industria dei videogiochi. Descrivibile come uno “YouTube ma per i videogiochi” permette agli utenti di creare, e monetizzare, videogiochi facilmente ed è molto popolare anche su mobile.
La piattaforma è cresciuta molto, specialmente dal 2020 in poi: a ogni trimestre registra una crescita in doppia cifra degli utenti attivi ogni giorno, che nel trimestre che si è chiuso lo scorso 30 giugno erano quasi 80 milioni di utenti attivi ogni giorno. E non ha mai nascosto che il suo obiettivo è arrivare a un miliardo di utenti attivi.
Nell’ultimo anno il valore delle sue azioni è cresciuto del 30%, sebbene sia inferiore del 40% rispetto a cinque anni fa.
Ora Roblox è stata accusata di aver gonfiato il numero degli utenti e di avere un problema più grande del previsto con i predatori sessuali e la moderazione dei contenuti.