La via della seta dei videogiochi

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
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Se chiedessi a una persona che gioca ai videogiochi quale sia uno dei suoi più grandi dilemmi rispetto alle modalità con cui vive questo mezzo, sono quasi certo che mi risponderebbe che ci sono troppi giochi e che stare dietro a tutte le uscite è faticoso. Anzi: è impossibile. Letteralmente. Non esiste persona che abbia abbastanza tempo da dedicare a tutte le uscite videoludiche anche se, suo malgrado, rinunciasse a tutto il resto.

La continua corsa alle nuove uscite, al nuovo contenuto videoludico di cui tutti stanno parlando può diventare un’esigenza impellente percepita come urgente e persino necessaria: la maledetta Fear of Missing Out, la paura di perdersi il momento in cui qualcosa sta avvenendo, in cui c’è una discussione importante e di non farne parte, applicata al videogioco è la morte stessa del videogioco.

D’altronde, si tratta di un meccanismo che accomuna tanti aspetti della vita moderna: assillati da nuovi contenuti, nuove serie TV, nuovi libri, nuovi podcast, nuove newsletter, nuove discussioni sui social; c’è sempre qualcos’altro da agognare. Il videogioco, in questo senso, non fa differenza.

Nell’inseguire ciò che non possiamo avere – ripeto: inutile che ci provi; ci sarà sempre qualche gioco che ti sei perso per strada, che aveva senso provare e che poteva dirti qualcosa, non si scappa – rinunciamo al senso della scoperta; ma soprattutto, cosa che secondo me è più grave, rinunciamo a scegliere di seguire un nostro percorso immaginifico, culturale ed esperienziale.

In altre parole: nello scegliere di inseguire le nuove uscite, quelle su cui le aziende e le realtà coinvolte vogliono che restiamo sintonizzati, stiamo di fatto rinunciando a un percorso personale costruito sulla base delle nostre scelte e anche – sì – di quei videogiochi che ci siamo persi o delle occasioni che siamo stati costretti a evitare. Un percorso è fatto di cose fatte e di cose non fatte; di scelte a cui siamo stati obbligati e di scelte che invece abbiamo attivamente fatto e, in questo caso, di quei videogiochi che ci siamo persi e di quelli che hanno possiamo riscoprire.

I videogiochi, fra tante, sono una delle industrie più concentrata sul futuro: passato un videogioco ce n’è subito un altro da aspettare.

Scegliere di giocare ai giochi passati a volte è una precisa necessità: è un atto di resa di fronte all’ineluttabile mancanza di tempo da dedicare a un medium come il videogioco, caratterizzato spesso e volentieri da esperienze lunghe decine di ore.

Scegliere di giocare con i propri tempi e i propri modi; di farlo con i propri giochi, che segnano anche specifici momenti della nostra vita; di giocare il videogioco giusto al momento giusto e non a quello indicato dal mercato è anche una precisa scelta che ha effetti benefici.

Non c’è niente di male nel non inseguire l’ultimo videogioco. Tanto, tutti saranno passati a parlare di altro nel giro di poche settimane.

Massimiliano


Blizzard e NetEase hanno annunciato che l’accordo di pubblicazione dei videogiochi di Blizzard, come World of Warcraft e Overwatch, in Cina non è stato rinnovato oltre alla data di fine dell’attuale collaborazione, fissata il 23 gennaio.

Nella nota pubblicata sul sito ufficiale, Blizzard riferisce che alla luce del mancato rinnovo dell’accordo saranno sospese le attività di giochi come World of Warcraft. Overwatch, Diablo 3, Hearthstone e Warcraft 3: Reforged, e nei prossimi giorni saranno già sospese le vendite. In pratica: fino a che Blizzard non troverà un’altra azienda cinese con cui collaborare, le persone in Cina presto non potranno più giocare a quei giochi.

Secondo la versione di Blizzard, “le due parti non hanno raggiunto un accordo sul rinnovo che fosse consistente con i principi operativi e gli impegni verso i giocatori e i dipendenti di Blizzard”.

L’amministratore delegato di NetEase, William Ding, ha detto che “c’erano delle differenze materiali su termini chiave” che hanno impedito l’accordo. Diablo Immortal, lanciato poco tempo fa su mobile, resterà attivo in quanto incluso in un differente accordo.

In Cina le aziende estere non possono pubblicare videogiochi senza la collaborazione di un’azienda locale ed è per questo che, appunto, nel 2008 Blizzard strinse una partnership con NetEase per pubblicare i suoi giochi.

BBC ha riportato che lo scorso anno l’accordo con NetEase è valso il 3% dei ricavi per Activision Blizzard King, ossia circa 264 milioni di dollari. Il mancato rinnovo potrebbe far calare i ricavi di NetEase del 6-8% secondo una stima di Daiwa Capital Markets citata da Reuters, poiché i giochi di Blizzard rappresentano fra il 60 e l’80% del 10% che valgono i giochi su licenza nel bilancio di NetEase.

Cosa significa questo mancato rinnovo? E cosa ci dice, inoltre, del mercato cinese dei videogiochi? Tanto, a dire il vero.

La situazione in Cina

La Cina è un mercato a sé. Non lo è solo nei videogiochi: non ci sono WhatsApp, Google e Twitter; ma ci sono WeChat, Baidu e Weibo. Il marketplace online di riferimento non è Amazon: è Alibaba.

Allo stesso modo, per tanto tempo il mercato cinese dei videogiochi ha vissuto di dinamiche tutte sue. Per esempio, per anni le console di Microsoft, Sony e Nintendo non sono arrivate ufficialmente in virtù di un divieto all’importazione imposto primi anni 2000 e nel 2014.

Ciò ha dato vita a un mercato in cui si gioca principalmente su PC e su smartphone, il che ha dato vita a un mercato molto diverso da quello occidentale, anche in virtù dei generi predominanti su PC e mobile rispetto alle console.

Per tanto tempo, comunque, le aziende non hanno considerato più di tanto il mercato cinese proprio perché era complesso arrivarci: spesso non era sufficiente portare il proprio videogioco, ma serviva trovare il prodotto giusto che facesse presa sui gusti dei videogiocatori cinesi. L’accordo di Blizzard con NetEase nel 2008 è stato uno dei primi esempi. Inizialmente, riguardava una manciata di giochi strategici: StarCraft II, Warcraft III: Reign of Chaos e Warcraft III: The Frozen Throne. Pian piano si è espanso coinvolgendo i nuovi giochi di Blizzard.

Per pubblicare un videogioco in Cina è necessario ottenere una licenza, che viene rilasciata da un ente governativo, la National Press and Publication Administration (NPPA). Si tratta di un processo che può richiedere anche mesi e a volte non avere successo.

Per molti mesi recenti, Tencent e NetEase, le due più grandi società videoludiche cinesi (anche se entrambe sono attive su altri fronti), sono state escluse dalle licenze rilasciate, per esempio, con forti compromissioni della loro strategia locale. Solo pochi giorni fa, un gioco di Tencent ha ricevuto l’approvazione, Metal Slug: Awakening, ha riportato Bloomberg.

Allo stesso tempo, spesso per avere quella licenza serve sottostare a determinate regole legate a come il governo guidato dal Partito Comunista Cinese intende controllare ogni contenuto culturale che viene diffuso nel Paese. A settembre 2021, il South China Morning Post riferì delle linee guida del NPPA, che stabiliscono che i videogiochi devono rispettare i valori del Paese.