Lo devo confessare: non tocco quasi più i videogiochi. Non certo per mancanza di interesse, anzi; ma perché non riesco a trovare il tempo: quello libero è poco e frammentato (10 o 30 minuti); e anche quando ce l’ho preferisco leggere (articoli, newsletter, thread su Twitter, discussioni sui gruppi social) per tenermi aggiornato, cercare punti e studiare le riflessioni altrui così da ampliare la mia conoscenza del settore.
Sto anche leggendo “Ten Things Video Games Can Teach Us (about life, philosophy and everything)” di Jordan Erica Webber e Daniel Griliopoulos, in cui esperienze come Soma, The Talos Principle e Mass Effect vengono usati per parlare di filosofia e di esperimenti mentali, per esempio.
Nel ponte del 1° novembre ho completato il prologo di Death Stranding: è l’ultima cosa a cui ho giocato, aspettando tempi migliori – o semplicemente delle ferie.
Massimiliano
Un guaio ancora più grosso per Activision Blizzard
Activision Blizzard ha un problema ancora più grosso da affrontare: nella malagestione dei casi di discriminazione interni all’azienda c’è anche l’amministratore delegato Bobby Kotick, secondo un dettagliato resoconto del Wall Street Journal. In particolare, Kotick era a conoscenza degli episodi; in molti casi non li ha segnalati al consiglio di amministrazione della società oppure coinvolgevano egli stesso.
A seguito dell’articolo, ci sono state varie reazioni:
- il consiglio di amministrazione ha difeso Kotick sottolineando di rimanere “fiducioso” della guida, dell’impegno e della capacità dell’amministratore delegato di raggiungere gli obiettivi annunciati di maggiore inclusività
- un ristretto gruppo di azionisti ha chiesto le dimissioni di Kotick e l’allontanamento di altri due membri del consiglio di amministrazione, Brian Kelly e Roberto Morgado
- oltre 1.700 dipendenti di Activision Blizzard hanno firmato una petizione con cui chiedono le dimissioni di Kotick
Anche una parte della stampa si è schierata in maniera netta questa volta. Il vicedirettore dell’edizione britannica di Eurogamer, Martin Robinson, ha scritto un editoriale dal titolo “L’industria dei videogiochi non deve più tollerare persone come Bobby Kotick”, mentre su Polygon Chris Plante ha scritto che “Kotick deve dimettersi”.
La situazione è ancora più grave perché l’inclusione di Kotick ha alzato il livello del discorso. Bloomberg ha riportato alcune lettere che internamente il presidente di Sony Interactive Entertainment, Jim Ryan, e il responsabile della divisione Xbox di Microsoft, Phil Spencer, hanno scritto ai propri dipendenti. Ryan ha espresso una “profonda preoccupazione” per il modo in cui l’intera questione sta venendo gestita da Activision Blizzard. Spencer, invece, si è detto “disturbato e profondamente turbato” da quanto raccontato dal Wall Street Journal.
Problema: per ora ci sono tante parole e nessun fatto.
- Innanzitutto, il gruppo di investitori che si oppone a Kotick è molto piccolo e rappresenta l’1% delle azioni della società
- Più di 1.700 dipendenti di Activision Blizzard hanno chiesto a Kotick di dimettersi; ma la società ha oltre 9 mila dipendenti
- il consiglio di amministrazione è molto fedele a Kotick e tanti di loro sono nel cda da parecchi anni. “Il consiglio di amministrazione, rappresentato soprattutto da uomini, include cinque persone che sono collegate con Activision da almeno 18 anni” ha scritto il giornalista di Bloomberg Jason Schreier. C’è di più: è difficile staccarsi dall’amministratore delegato la cui guida ha portato Activision Blizzard a valere 62 dollari per azioni: nel 2000 era quotata a 1 dollaro per azione