Come Freud’s Bones ha cambiato la vita di Fortuna Imperatore

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Viene spesso citata una frase che il co-amministratore delegato di Netflix, Reed Hastings, disse di fronte agli azionisti della società. Disse: “Il nostro rivale non è HBO: è Fornite”. Il fatto che una delle maggiori aziende dello streaming audiovisivo on demand, che vanta centinaia di milioni di persone abbonate, palesasse l’importanza del videogioco come intrattenimento è stato inteso da molti come un ulteriore livello di accettazione del videogioco e quella frase è stata spessa usata per evidenziare la forza di questa industria.

C’era però un secondo livello di interpretazione, più profondo: e cioè che Netflix non stava soltanto riconoscendo che milioni di persone preferiscono giocare a Fortnite anziché usare Netlifx; ma anche che la società stesse considerando cosa potesse carpire da Fornite; quale fosse il segreto dell’attrattiva che esercita nei confronti di così tante persone e cosa Netflix, in sostanza, potesse fare per essere un po’ più come Fortnite.

La stessa cosa oggi riguarda un’altra rilevante piattaforma: TikTok.

Inutile stare a snocciolare dei numeri: TikTok è diventata così grande e così in fretta che persino colossi dell’intrattenimento e del social, come Instagram e YouTube, hanno introdotto delle versioni dei brevi video per poter cercare di inseguire quello stesso magnete dell’attenzione.

Ora TikTok si è allargato e i video possono durare fino a dieci minuti; ma la tempesta di filmati ha avuto un forte impatto su ciò che le persone si aspettano quando aprono un’applicazione mobile o un social. Cioè: si aspettano che arrivi una scarica di dopamina nel giro di pochi secondi o che al massimo con qualche swype si possa trovare qualcos’altro di ancora più bello. Praticamente un misto fra l’estasi del gioco d’azzardo e la ricerca della felicità.

Ora, chiedersi il modo in cui TikTok possa – o forse lo sta già facendo – influenzare il modo in cui le persone fruiscono dei videogiochi oppure come i videogiochi vengano fatti non è una cosa banale.

I videogiochi rispondono sempre a tendenze di mercato e a nuove aspettative delle persone, soprattutto quelli mainstream; per cui, all’arrivo di un simile fenomeno d’intrattenimento aspettarsi una qualche risposta dal settore sembra quasi inevitabile.

Me lo sono chiesto pubblicamente su Twitter, sebbene non penso che ci sia una risposta definitiva. Probabilmente l’influenza c’è, soprattutto su mobile; ma vale addirittura il senso opposto: e se TikTok avesse, volontariamente o no, imitato le modalità con cui i giochi mobile attirano le persone ogni giorno (pensiamo ai piccoli premi per l’accesso quotidiano) e con cui premiano la loro attenzione e fedeltà? Quel sistema di feedback positivo (fai una cosa e ottieni un risultato, come un bonus; così sei portato a farla di nuovo); quella sensazione di “un altro video e poi smetto” sono fortemente familiari a chiunque abbia mai toccato un videogioco.

Aspetti di questo tipo, il modo in cui i mezzi di intrattenimento si influenzano l’un l’altro sono fenomeni estremamente importanti: perché, intanto, ci dicono di più di come i videogiochi giocano con la nostra mente; e anche degli effetti che possono avere su di noi e di come ciò che sta attorno può a sua volta cambiare il linguaggio videoludico.

TikTok influenzerà i videogiochi oppure le stesse dinamiche psicologiche che tanto coinvolgono i videogiocatori hanno influenzato TikTok? Secondo me è una domanda che vale la pena porsi.

Massimiliano


Il 25 maggio 2022 per Freud’s Bones si chiude un capitolo e ne comincia un altro: il gioco è arrivato su Steam.

“Sentivo molta tensione, però anche una sensazione di pace”, ricorda la creatrice Fortuna Imperatore (nota anche con lo pseudonimo di Axel Fox) mentre parliamo al telefono. “Era come essere prossima a un parto: non riuscivo più a contenerlo”.

Il tutto, però, era condito da una consapevolezza: il gioco avrebbe potuto non piacere oppure piacere; ma era il risultato che aveva cercato per anni.

“Ho avuto la sensazione di lasciarlo andare, però con una forma di fiducia profonda: non avevo paura che venisse distrutto o altro. Al massimo poteva essere criticato, ma non fatto a pezzi”, dice. “È stato liberatorio”.

La produzione

Mentre ascolto Imperatore parlare e spiegarmi alcuni retroscena della produzione di Freud’s Bones, che presto arriverà anche su Nintendo Switch, e di cosa è avvenuto dopo il lancio, trovo la conferma di quanto già pensavo da tempo: la sua visione era chiara e netta; la sua testardaggine ha portato al risultato di un gioco che centra le aspettative di chi lo ha creato pur con i compromessi, soprattutto produttivi e operativi, derivanti dal lavorare senza il supporto di un editore.

In altre parole: ha fatto di testa sua.

L’intera produzione del gioco è stata gestita da lei insieme con un programmatore (Stefano Rossitto) che l’ha seguita. Imperatore è autodidatta e la sua esperienza con i videogiochi è stata caratterizzata soprattutto dalle produzioni tripla A e molto meno (anzi: quasi per niente) dalle produzioni indipendenti.

Anche durante le interviste che ha rilasciato dopo la pubblicazione del gioco su Steam, “ho dovuto sempre sottolineare che non ho preso ispirazione da niente perché avevo giocato poco ai giochi indipendenti: prima di fare Freud’s Bones ho giocato solo tripla A”.

La mancanza di un partner che potesse coprire sia l’aspetto comunicativo (i trailer, i comunicati stampa, la distribuzione dei codici alla stampa, ecc) sia quello produttivo (sostenere i costi) ha profondamente caratterizzato l’intero ciclo di sviluppo di Freud’s Bones.

Dopo l’esito della campagna su Kickstarter, con cui ha raccolto 15 mila euro, sono arrivati i primi contatti con alcuni editori. “Ho avuto varie proposte da alcuni publisher, anche italiani”, ricorda.

La sua scarsa esperienza, però, la mise di fronte a un bivio tutt’altro che semplice da affrontare: da una parte, un percorso irto di ostacoli e solitario, ma completamente indipendente; dall’altra, la possibilità di avere un’agognata stabilità produttiva, anche se ciò avrebbe significato cedere qualcosa dal lato commerciale e produttivo.