Crunch nei videogiochi: un punto

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Del crunch se n’è parlato molto spesso e oggi continua a essere una piaga nel mondo videoludico. Se hai vissuto sotto un sasso o se non conosci bene il mondo videoludico, sappi che quando si parla di crunch s’intende un fenomeno che comporta che le persone che lavorano ai videogiochi (programmatori, grafici, designer: tutti) sono costrette a fare regolarmente degli straordinari, a sopportare settimane di 60-70 ore o a lavorare almeno sei giorni ogni settimana per portare a termine un progetto. Purtroppo non è un’eccezione, ma il crunch sembra essere, in tanti casi, essenziale per portare a termine i progetti più grandi e non solo.

Sono il primo che lavora tanto, più di quanto dovrebbe. Ma il mio mestiere prevede che nella maggior parte dei casi io faccia tutto da solo dall’inizio (un’intervista o una conferenza stampa) fino alla fine (la scrittura dell’articolo).Quando si lavora in gruppo, la questione è diversa: si è parte di un collettivo che deve per forza andare alla stessa velocità; altrimenti l’intero progetto subisce un danno.

Ed eccoci allo spunto. Nei giorni scorsi Evan Wells e Neil Druckmann, i co-presidenti di Naughty Dog, creatore di Uncharted e The Last of Us, hanno parlato del crunch in un’intervista a Game Informer. Wells, in particolare, ha detto che chi lavora tanto spesso è incredibilmente appassionato e quindi perché dovrebbe essere ostacolato?

Druckmann, invece, ha fatto notare che stabilire un limite, per esempio, di 40 ore settimanali o impedire di lavorare le domeniche sarebbe un problema per alcune persone che “vogliono davvero fare quel passo in più spontaneamente e [con quei limiti] sarebbero ammanettate”.

Può sembrare che questo ragionamento abbia senso: che sia giusto, insomma, che chi vuole lavorare tanto lo possa fare. Finché non torniamo a quello che ho scritto prima: quando si lavora in gruppo non funziona.

Lo ha spiegato bene Carrie Patel, game director e narrative designer per Obsidian Entertainment. Se una persona lavora più degli altri in maniera autonoma, rischia di incasinare l’intero progetto perché lavorerà in maniera asincrona rispetto agli altri dipartimenti. Ogni reparto non può vivere a sé: anche creare un banale livello richiede che tante persone di tanti reparti diversi (da chi sviluppa le missioni a chi crea le animazioni) siano sulla stessa pagina.

A lungo andare, questo schema crea una dinamica tossica fra i martiri [coloro che hanno voluto lavorare di più, ma non hanno potuto portare a termine il lavoro perché gli altri, invece, erano occupati su altro] e tutti gli altri” fa notare Patel. “La comunicazione e la collaborazione vengono meno”.

Sul tema è intervenuto anche Mike Bithell, sviluppatore di Thomas Was Alone, su Twitter. “Sei tu il loro capo, è il tuo lavoro dire no più spesso” ha fatto notare.

In particolare, secondo Bithell, se il tempo concesso non è abbastanza, allora bisogna dare alle persone più settimane o mesi per lavorare a un progetto. Per altro, “il lavoro sarà migliore se riposeranno”.