Un’altra edizione dell’E3 è alle spalle. La ricorderemo sicuramente perché si è svolta completamente online: per la prima volta chiunque, giornalisti inclusi, ha vissuto il principale appuntamento annuale videoludico in streaming. Una cosa, invece, non è cambiata: ci si aspetta sempre qualche sorpresa; un annuncio imprevisto, un’incredibile produzione in sviluppo che nessuno ancora conosceva. La “bomba” di fine conferenza, come accadeva tanti anni fa. Fammi spiegare perché, secondo me, questo atteggiamento è inutile.
Primo: negli ultimi anni il mercato videoludico è molto cambiato. Anni fa, i principali eventi videoludici erano quattro: la Game Developers Conference a marzo, perlopiù incentrata sugli addetti ai lavori; l’E3 a giugno; la Gamescom ad agosto, che spesso riproponeva molti dei contenuti già visti all’E3; il Tokyo Game Show a dicembre, che spostava il focus, naturalmente, sul mercato giapponese.
Nel frattempo, le cose sono cambiate:
- ci sono i Nintendo Direct, gli appuntamenti preregistrati di Nintendo che vengono organizzati più volte l’anno;
- i The Game Awards di dicembre sono passati da evento dedicato alla premiazione dei migliori giochi dell’anno a palcoscenico per anteprime e annunci;
- Microsoft e Sony hanno a loro volta intrapreso la strada degli appuntamenti periodici: da una parte l’annuale X e gli Inside Xbox; dall’altra gli State of Play;
- vanno considerati anche altri eventi annuali come Paris Games Week, BlizzCon e QuakeCon.
Hai capito: le occasioni per annunciare nuovi prodotti sono molte di più; quindi è naturale che l’accentramento sull’E3 non esista più e di conseguenza gli annunci “bomba” siano molti meno.
[Bonus: In un’industria dove il mercato console è una minoranza (per numero di utenti, sviluppatori e giro d’affari), percepire ancora l’E3 come l’epicentro è fondamentalmente sbagliato].
Secondo: l’effetto sorpresa dura poco. Proprio per esaudire il costante appetito di annunci eclatanti di molti utenti, spesso gli editori annunciano i giochi prima ancora che la fase di produzione abbia inizio: quando il gioco, praticamente, è un’idea, quasi una lettera di intenti.
Altre volte, lo sviluppo è appena all’inizio e quindi fra l’annuncio e la successiva presentazione possono persino passare anni. Così dopo l’entusiasmo dell’E3, gli utenti si trovano con in mano niente; a quel punto, aspettano la prossima sorpresa a cui aspirare.
Alcuni esempi:
- all’E3 2018 Bethesda ha annunciato The Elder Scrolls 6 con un brevissimo filmato in cui di gioco non si vede assolutamente niente. Da allora non si è più visto e Todd Howard, produttore esecutivo di Betheda Game Studios, disse che sicuramente arriverà dopo Starfield, un altro videogioco realizzato da Bethesda, che è programmato l’11 novembre 2022;
- a fine 2017 e a giugno 2018 Nintendo annunciò rispettivamente Bayonetta 3 e Metroid Prime 4. Da allora, del primo non si è più saputo niente, mentre nel 2019 lo sviluppo di Metroid Prime 4 è stato riavviato perché i risultati fino ad allora raggiunti non avevano soddisfatto Nintendo;
- dopo essere stato annunciato all’E3 2019 sono passati due anni prima che si sapesse qualcosa di più su Elden Ring, il prossimo gioco di From Software (Dark Souls, Sekiro), riapparso alla conferenza di Xbox e Bethesda all’E3 di quest’anno;
- all’E3 2007 Rockstar Games, lo sviluppatore di GTA, annunciò Agent come esclusiva PlayStation 3. Nonostante la pagina dedicata sul sito ufficiale sia ancora online, il gioco è di fatto stato abbandonato.
Mi fermo qui, ma gli esempi sono molti e in tanti casi coinvolgono l’E3.
Il sogno è quello di avere annunci eclatanti a ogni occasione. La realtà è che ciò comporta presentazioni forzate dove spesso il gioco nemmeno c’è oppure bisogna poi attendere tantissimo tempo prima di vederlo pubblicato. Per cui, un E3 meno appariscente, ma pur denso di contenuti come quello appena passato è ciò che auspico anche in futuro: meno sogni e più realtà.