L’evento finale di Fortnite – Capitolo 2

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Secondo Bloomberg, dalla prossima primavera Sony proporrà un servizio di abbonamento che andrà a fondere PlayStation Plus e PlayStation Now. Ci saranno tre livelli, che permetteranno di giocare online, avere un catalogo di giochi PS4 e PS5 e accedere anche ad alcuni classici per PS1, PS2 e PS3. Probabilmente manterrà il nome di PlayStation Plus – già noto agli utenti e quindi funzionale.

Per quanto possa sembrare una novità e una mossa nata per contrattaccare il popolare Xbox Game Pass, di fatto non è niente di più di quanto Sony, in maniera più disorganizzata, proponga già oggi con i due servizi. PlayStation Now, accessibile anche su PC, offre un catalogo di giochi come Bloodborne, God of War, The Last of Us: Parte 2 e tanti titoli usciti su PS1, PS2 e PS3 ed è in continuo aggiornamento. PlayStation Plus conta più di 47 milioni di abbonati.

Sony ha sempre avuto la carta dei giochi in download e in streaming inclusi in un abbonamento; ma l’ha sponsorizzata poco perché il suo giro d’affari principale è basato sulla vendita dei giochi completi e dei contenuti aggiuntivi, che di fatto un abbonamento come PlayStation Now va a sovrapporre.

Per altro, Sony ha anticipato Microsoft nel proporre qualcosa di simile: il debutto di PlayStation Now risale al 2014, dopo che Sony comprò Gaikai; ma la società non ci ha mai investito seriamente da un punto di vista comunicativo e per anni il servizio è rimasto molto laterale rispetto alle strategie di espansione del marchio PlayStation e delle sue proprietà intellettuali.

Oggi, però, le cose sono diverse perché i videogiochi vanno proposti in forme diverse. Ed è anche il motivo per cui Sony sta puntando su PC e mobile: la platea di utenti è eterogenea e una soluzione unica non basta. Esiste un mondo di utenti che, per com’è cambiato il mercato, percepisce l’intrattenimento solo se proposto sotto la forma di una sottoscrizione, per esempio.

Il mercato cambia: tutto quello che sta facendo Sony è adattarsi.

Massimiliano


Addio all’isola

Con l’evento finale “The End” si è chiuso anche il secondo capitolo di Fortnite. La conclusione ha portato al capovolgimento dell’isola che rappresentava la mappa di tutto il nuovo corso, dopo che un buco nero aveva fatto sparire quella precedente al termine del primo capitolo.

Una serie di eventi, fra cui l’apparizione di Dwayne “The Rock” Johnson, che si è rivelato essere il volto del personaggio noto come The Foundation, l’invasione degli UFO e una fuga verso il centro dell’isola, ha portato quindi alla scomparsa della seconda mappa e uno tsunami ha travolto infine tutti i giocatori. Al momento accede a Fortnite non vede altro che il proprio personaggio alla deriva.

Al momento, quindi, Fortnite non può essere giocato perché non ha una mappa. Presto ne sapremo di più, quando sarà introdotto il capitolo 3.

Domande senza risposta

Oggi la parola magica è il metaverso. Non passa giorno senza che se ne parli: perché qualcuno ha investito 650 mila dollari per uno yacht virtuale; o perché sono stati spesi oltre 100 milioni di dollari in pezzi di terra virtuali in piattaforme online come The Sandbox e Decentraland. Sono esempi, questi, di ciò che potrebbe essere il futuro metaverso: un mondo virtuale dove comprare cose virtuali per vivere esperienze virtuali.

Ho letto con una certa curiosità, quindi, l’intervista che Philip Rosedale rilasciata ad Axios in cui si dice molto scettico sul metaverso. Perché Rosedale, che ha fondato Linden Lab, ha dato vita a Second Life: la cosa più vicina al metaverso che esisteva (ed esiste tutt’ora) prima che il metaverso diventasse una parola chiave del business. Società come Meta (ex Facebook), Epic Games, Roblox e Nvidia stanno puntando sul metaverso per estendere la portata delle proprie applicazioni, fra cui avatar virtuali e Intelligenza Artificiale.

Intanto, secondo Rosedale, il metaverso “non è per tutti e magari non sarà mai per tutti”. Soprattutto, però, i limiti di Second Life, che esiste dal 2003, sono gli stessi che oggi vengono assegnati al metaverso e per tutte le esperienze online, come Fortnite di Epic Games e Roblox, che oggi vengono considerate la cosa più vicina al metaverso: per dinamiche commerciali, esperienze che abilitano e opportunità tecnologiche.

“Rimane la pesante questione di cosa porterà, per dire, le persone normali a spendere un sacco di tempo in questi spazi online?” si è chiesto Rosedale. “E penso che non abbiamo ancora risposto a questa domanda”.