È arrivata la sentenza della causa legale intentata da Epic Games, produttore di Fortnite, contro Apple: quest’ultima non rappresenta un monopolio nel settore dei videogiochi mobile, secondo la giudice Yvonne Gonzalez Rogers; ma entro il 9 dicembre dovrà permettere agli sviluppatori di qualsiasi applicazione sull’App Store, negozio digitale di iOS, di proporre metodi di pagamento alternativi al suo, da cui trattiene il 30%. Tali metodi, però, potranno essere pubblicizzati con link che portano verso l’esterno (sul sito ufficiale della società, per esempio) o via email: non saranno quindi interni all’applicazione.
Breve riassunto delle puntate precedenti. Ad agosto 2020 Epic Games ha introdotto di soppiatto un aggiornamento in Fortnite su iOS e Android che permetteva di eludere il sistema di pagamento di Apple e Google per aggirare il 30% che trattengono le due società su ogni transazione. Fortnite è stato rimosso per aver violato le condizioni del servizio: su iOS non è ancora tornato, mentre su Android può essere giocato scaricandolo dal sito ufficiale e installandolo, quindi, al di fuori del Play Store di Google. Epic Games ha fatto causa ad Apple e Google. Fine del breve riassunto.
La sentenza, di fatto, dà ragione perlopiù ad Apple: non è un monopolio nel settore che la giudice ha definito come il contesto della diatriba (i videogiochi mobile); la rimozione di Fornite dall’App Store di iOS è stata legittima e, anzi, Epic Games dovrà pagare almeno 3,6 milioni ad Apple come risarcimento per aver violato il contratto che aveva sottoscritto. La quota del 30%, secondo la giudice, è stata scelta molti anni fa, quando è nato l’App Store, e non è una conseguenza di una posizione dominante di Apple.
Il fatto che nonostante la concessione agli sviluppatori Apple senta di aver vinto è evidente dalle dichiarazioni che le due società hanno rilasciato dopo la sentenza. Apple ha sottolineato che “la Corte ha sostenuto ciò che già sapevamo: l’App Store non viola le leggi sull’antitrust” e che “il successo non è illegale” (lo ha detto la giudice e Apple lo ha ovviamente evidenziato). I legali di Apple hanno dichiarato di essere compiaciuti dalla sentenza.
Apple non dovrà rivedere il 30% che trattiene dalla maggior parte delle transazioni (fa un’eccezione per i piccolissimi sviluppatori riducendo la quota al 15%) e non sarà nemmeno obbligata a permettere di installare negozi di terze parti (come accade su Android): ne esce piuttosto pulita.
Anzi, si potrebbe dire che Apple sia rinvigorita rispetto a prima perché ora può vantare una sentenza a suo favore in un dibattito (la concorrenza) che negli ultimi mesi è diventato molto contrario a Big Tech (quindi anche Amazon, Facebook, Google etc). Secondo la giudice, Epic Games non è riuscita a fornire abbastanza prove per convincerla che Apple sia un monopolio.
Più amare invece le parole di Tim Sweeney, fondatore di Epic Games: “La sentenza di oggi non è una vittoria né per gli sviluppatori né per gli utenti. Epic sta combattendo per una concorrenza giusta tra i metodi di pagamento nelle app e nei negozi di app per conto di un miliardo di utenti” ha scritto su Twitter. Sweeney ha aggiunto che Fortnite tornerà su iOS “quando e dove Epic potrà offrire i pagamenti in-app in un contesto di equa concorrenza con il sistema di pagamento di Apple”.
Perché Epic è contrariata? Perché è consapevole che eludere il 30% di Apple solo tramite un link che porta fuori dall’app è scomodo: gli utenti sono restii quando ci sono troppi passaggi da fare per pagare; quindi il rischio è che non lo usino e continuino a preferire il sistema di Apple, molto più veloce e integrato. Epic chiedeva di poter inserire direttamente nell’applicazione un altro metodo di pagamento che non prevedesse il pagamento del 30% ad Apple. Richiesta che, come detto, è stata respinta.
Secondo molti esperti ascoltati da Reuters, la causa contro Google, che non è ancora nemmeno cominciata, potrebbe essere più difficile di prima: la posizione di Epic ne esce indebolita; quella dei proprietari dei negozi digitali, invece, rafforzata. Diversamente da Apple, Google già permette di installare negozi di terze parti e persino di installare le app singolarmente tramite una procedura chiamata sideloading su Android.
Se il 30% non è anticoncorrenziale, allora Epic e gli altri sviluppatori che armi hanno contro Google? Ciò potrebbe quindi spingere le aziende a sostenere un più radicale aggiornamento delle leggi antitrust anziché portare le grandi società in tribunale – mossa che evidentemente non funziona.