GameStop lascia l’Italia

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Da mesi si sapeva che alla Milan Games Week ci sarebbe stato Shinki Mikami. Game designer influente, creatore di Resident Evil e poi fondatore di Tango Gameworks, lo studio che ha sviluppato The Evil Within e Hi-Fi Rush poi chiuso da Microsoft.

Si può ragionare su quanto l’intervista principale, che si è svolta nella giornata di sabato 23, sia stata buona o non buona. Ma trovo molto stonato che nessuno dei principali siti di informazione abbia scelto di non coprire la cosa. Come se non fosse mai esistita.

Lo dico non tanto perché l’intervista abbia portato a grandi rivelazioni. Le risposte di Mikami sono state spesso molto brevi; talvolta sono apparse quasi svogliate. Alcune domande evitabili. Ma era comunque Mikami in un’occasione in cui si poteva essere lì, seguire in diretta, avere la fonte a portare di orecchio.

Perciò, considerato che si tende a coprire qualunque movimento che riguardi i videogiochi – soprattutto quando riguardano game designer noti al grande pubblico – è ancora più strano che in un momento in cui l’intervista viene fatta in Italia e trasmessa in streaming (permettendo anche a chi non fosse fisicamente a Milano di seguirla e di coprirla, nel caso), non si sia scritto niente. Che si sia scelto di non scrivere niente.

Si potrebbe dire che sia mancata una qualunque “notizia”. Ma se usassi lo stesso modus operandi che viene generalmente applicato per filtrare o meno le dichiarazioni che solitamente vengono riportare, allora da dire ce ne sarebbe eccome.

Perché, fra le altre cose, Mikami ha detto che:

  • “vorrebbe” lavorare a un nuovo Vanquish;
  • se glielo proponessero, comunque non vorrebbe lavorare a Silent Hill;
  • preferisce come i videogiochi venivano fatti un tempo, anche se oggi significa avere più opportunità, sia tecnologiche sia commerciali;
  • e poi, aneddoti sullo sviluppo di Resident Evil.

Tutte considerazioni che, sono sicuro, sarebbero state pubblicate se Mikami avesse detto le stesse cose in un’intervista estera oppure sui suoi canali social. E lo dico perché si è fatto, in passato.

Non mi resta, allora, che provare a lanciare degli spunti di riflessione sul perché si sia scelto di non considerare l’intervista a Mikami (è disponibile qui il video integrale).

Magari non si è ritenuto che l’intervista stessa in Italia a Mikami fosse notiziabile; e quindi non è stata seguita a prescindere.

Oppure non si voleva dare spazio a un momento in cui i conduttori erano Francesco Fossetti e Marco Mottura; due “concorrenti” – con RoundTwo e FinalRound – dei siti di informazione.

O ancora, ciò che ha detto Mikami non è stato rilevante. O forse, questa volta la notizia non è stata servita e quindi non poteva essere semplicemente presa da un sito internazionale e tradotta velocemente: andava trovata proattivamente.

Non si tratta(va) di parlarne bene, di questa intervista. Si poteva, anzi, fare qualche considerazione su come sia stata svolta; su come (e se) Games Week abbia valorizzato o meno la presenza di Mikami; persino fare delle considerazioni in negativo perché, magari, non sono piaciute certe cose.

Invece l’indifferenza mi lascia basito. Come già mi lasciò basito quando nessuna testata parlò della chiusura di Eurogamer Italia. La situazione, con differenze evidenti, è la stessa: ed è figlia di scelte editoriali incoerenti.

Massimiliano


Fra qualche mese, a un certo punto, non ci sarà più nessun negozio GameStop in Italia.

Nei giorni scorsi GameStop Italy è stata venduta a Cidiverte. I dettagli dell’accordo, compresa la data dell’atto notarile, sono stati riportati da Igizmo; che ha anche segnalato che l’operazione prevede che entro sei mesi i negozi GameStop cambino insegna.

Fra le altre cose, Cidiverte è proprietaria della catena Gamelife: così, gli attuali negozi GameStop diventeranno negozi Gamelife. La stessa GameStop Italy cambierà nome in Gamelife Srl.

Un cambio rilevante per l’Italia. GameStop da anni è il riferimento per i negozi di videogiochi in Italia, considerato che, nel frattempo, altre catene sono ormai sporadiche o fallite. Mentre altro spazio viene coperto dai tanti negozi più piccoli e spesso locali.