Ci sono persone che non hanno saputo niente delle beghe contestuali all’annuncio della data di uscita di God of War Ragnarok: delle indiscrezioni e delle contro-indiscrezioni; degli insulti rivolti a chi sta lavorando al gioco; delle giravolte comunicative di Sony. Dei perché, dei percome, dei quando, dei cosa e dei come.
Ci sono persone che, semplicemente, navigano YouTube o TikTok o Facebook e hanno saputo della data di uscita di God of War Ragnarok direttamente dai canali ufficiali di Sony; perciò hanno vissuto quel momento come una genuina sorpresa e novità.
In sostanza, ci sono persone che hanno vissuto un’altra realtà, molto diversa da quella della cosiddetta “bolla” delle persone appassionate o di chi con i videogiochi ci lavora tutti i giorni perché copre le notizie, per esempio.
Su Instagram il post di annuncio ha raccolto oltre un milione di “mi piace”; il nuovo trailer è stato visto più di 4,8 milioni di volte mentre il video dell’apertura dell’edizione da collezione oltre 2,2 milioni.
Tale spaccamento così netto – da una parte chi sta dietro a ogni sfumatura dell’industria e dall’altra chi fruisce dei contenuti e basta – non è nuovo, ma si mostra costantemente. E inizio a pensare che le aziende più grandi stiano sempre di più ignorando il primo tipo di pubblico preferendo platealmente il secondo, che evidentemente è meno rognoso e rappresenta anche la leva principale per generare i grandi numeri.
Gli appassionati sono un pubblico sempre meno interessante? Siamo una fetta di persone sempre più esigente, ma sempre meno rilevante dal punto di vista commerciale? Siamo persone che hanno bisogno di più del necessario? Insomma: siamo sempre meno necessari?