Google fuori, dentro Netflix

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Anche questa puntata di Insert Coin può essere ascoltata su Soundcloud.

Piace pensare che niente sia scontato e che tutto sia possibile. In un settore come quello dei videogiochi, però, la realtà ci conferma costantemente che così non è: che le cose potevano essere previste – e in molti casi, infatti, è così – e che soprattutto le decisioni delle grandi aziende non arrivano così, dal nulla; ma sono il risultato di piccoli passi e di piccoli movimenti che erano sotto gli occhi di tutti. Non è che non c’erano: erano lì e potevano essere commentati e analizzati.

Non ci si sposta di 100 metri in un attimo, ma un passo alla volta; però ci accorgiamo di quanto siamo andati avanti soltanto voltandoci un attimo indietro. Quei piccoli passi, sul momento, non ci sembravano nulla.

Ora, come al solito faccio giri di parole; ma lo faccio per far apparire semplice quello che spesso viene fatto passare come complicato. E invece, lo avrai capito, così non è.

Così come l’abbandono di Stadia non è stato improvviso, ma è il risultato di un’agonia durata anni, allo stesso tempo stiamo arrivando a un punto cruciale: grandi realtà finanziarie stanno per muoversi pesantemente nel mercato dei videogiochi; e in genere, quando ciò accade, vale sempre osservare e capire cosa ci dice sia dei videogiochi sia di quelle aziende. E ancora una volta, potevamo saperlo prima.

Reuters ha riportato che Tencent – che da anni investe in quote di minoranza e maggioranza in tante società, da Riot Games a Supercell, da Ubisoft a Epic Games – sta modificando la sua strategia di acquisizione e fusione e intende puntare forte sull’acquisizione di quote di maggioranza di alcune aziende europee di videogiochi nel prossimo futuro.

Nei giorni scorsi, il principe saudita Mohammed bin Salman ha annunciato che Savvy Gaming Group – che oggi è proprietaria di ESL e FaceIt e detiene la maggioranza di SNK – intende investire quasi 38 miliardi di dollari nei videogiochi nei prossimi anni puntando, fra le altre cose, all’acquisizione di un editore maggiore.

Siamo arrivati alla fase finale di una metaforica partita finanziaria di Risiko che tali aziende, con storie diverse, stanno vivendo da tempo – di Tencent si parla da anni; di Savvy Games Group da pochi mesi, ma ha già investito miliardi di dollari – e ora tali strategie stanno assumendo contorni più netti, più grandi, più ricchi.

Arriverà il momento in cui Tencent e Savvy Games Group faranno grossi movimenti finanziari. In quel momento la tentazione sarà di essere sorpresi e stupefatti. Ricorda che invece niente accade in una bolla e quel finale di stagione era preparato da tempo.

Massimiliano


Non starò a spiegare le tante ragioni che, una dopo l’altra, hanno contribuito alla decisione di Google di chiudere Stadia. Se ne è parlato per talmente tanto tempo, che ormai equivale a una profezia autoavverante.

Dico solo che la notizia è così poco sorprendente che in un articolo di aprile per DDAY chiudevo così: “Tre anni fa Stadia aveva promesso una rivoluzione. Tre anni dopo il servizio ha fortemente ridimensionato le sue ambizioni. Fra tre anni potrebbero non esserci più.”

Nonostante ciò, alcune considerazioni sono inevitabili quando una multinazionale del calibro di Google – parte del gruppo Alphabet, che vale 1.250 miliardi di dollari (hai letto bene: milleduecentocinquantamiliardi) – fallisce a entrare in un settore come quello dei videogiochi.

La prima evidenza che Google avesse gestito male le sue aspettative l’avevamo avuta a febbraio 2021, cioè quando Phil Harrison, vicepresidente e general manager di Stadia, annunciò la chiusura di Stadia Games & Entertainment, gli studi interni che, o almeno era l’intenzione, avrebbero dovuto sviluppare giochi in esclusiva per il servizio. Harrison sottolineò, per esempio, che “creare giochi di prima classe dalle fondamenta richiede molti anni e significativi investimenti e i costi stanno crescendo esponenzialmente”. Ci ha messo due anni per capirlo.

Ma Google non è la sola grande entità tecnologica che pur dominando in qualche settore – il motore di ricerca, soprattutto, e il sistema operativo mobile Android, nel caso di Google – ha faticato a comprendere le evidentemente complicate dinamiche del settore dei videogiochi:

  • Amazon ha cancellato diverse produzioni (Nova, Intensity, Breakaway e Crucible le più evidenti) prima di pubblicare sul mercato un gioco di modesto successo: New World, pur lontano dal picco di oltre 913 mila persone connesse contemporaneamente;
  • Apple ha scelto la strada dell’abbonamento, ma Arcade rimane là, un po’ in disparte e non è ben chiaro come stia andando né quante persone siano abbonate.

L’ultimo dato utile che abbiamo per capire a che punto si trova Apple Arcade è un comunicato risalente ad aprile del 2021 in cui veniva annunciato che il catalogo includeva più di 180 giochi.

L’impressione, anzi, è che Apple Arcade sia finito un po’ nel dimenticatoio (e peggio ancora Play Pass per dispositivi Android, che tanti nemmeno sanno che esiste) nonostante il gioco di Hironobu Sakaguchi, Fantasian; il gioco di Yu Suzuki (Air Twister); e l’arrivo di un Castlevania (Grimoire of Souls).

E se un gigante, Google, se ne è uscito, un altro entra: sto parlando di Netflix.