Scrivo questa newsletter da quasi quattro anni. Registro il podcast da più di due. Per realizzare ogni settimana Insert Coin devo praticamente affondare la testa in qualunque cosa che riguardi il videogioco: contenuti sui social, podcast, newsletter, siti web, video su YouTube, libri. Qualunque cosa.
Ve ne sarete accorti anche voi: a volte, parlare e discutere di videogiochi può diventare pesante.
Lo può diventare sia perché, sempre di più, i videogiochi sono al centro delle cosiddette guerre culturali (destra contro sinistra, per farla molto, MOLTO semplice) sia perché spesso – soprattutto negli ultimi anni – i discorsi hanno riguardato i licenziamenti di massa, la fine di certi videogiochi, la chiusura delle aziende, le difficoltà dell’industria e delle persone, soprattutto. Una cosa sgradevole dietro all’altra.
A volte è tanto persino per me.
Perciò, per quanto possa sembrare paternalistico – e non penso che a 33 anni io possa anche solo pensare di esserlo senza risultare ridicolo – permettetemi un consiglio: trovatevi una bolla, qualunque bolla, dove il videogioco sembra essere una cosa pura, buona, inviolata. Forse è una bolla fittizia; e forse lo sembra perché siete voi a non vedere che c’è tutto il resto.
Ma trovatela. Qualunque sia. Un videogioco che iniziate a giocare e vi calmate. Un gruppo sui social dove si parla senza litigare e con gli occhi a cuoricino.
Per me, per esempio, lo è giocare sulle console meno recenti. Dreamcast, Mega Drive, Wii, PlayStation 2. Non perché a quel tempo fosse tutto bello; ma semplicemente, in quel momento, sto bene. La bolla è meno opprimente.
Il retrogaming – non stiamo a discutere su questo termine – mi aiuta a prendere delle distanze dal contesto moderno: che è giustamente più complesso di come vivevo il videogioco quando avevo 15 anni. Tutto il mondo mi sembra più complesso. I videogiochi non sono esclusi.
Non smettete di informarvi, di provare a capire che succede e di imparare cose nuove. Ma respirate ogni tanto dentro a una bolla di ossigeno videoludico.
Altrimenti a furia di discutere, di leggere notizie scritte male, di incavolarsi o incrociare discussioni avvelenate, si rischia di pensare che sia tutto così. E perdersi tutto il resto.
Massimiliano
A prima vista è un’email come le altre. Una persona che ha un canale su YouTube o su Twitch e chiede una chiave per poter giocare al tuo videogioco. Così da fare un video o giocarlo in diretta. Il che è ottimo: ogni occasione di visibilità, soprattutto quando sei un piccolo studio indipendente, va presa, visto che ogni goccia di visibilità può essere uno spazio in più da prendersi. Così, quella chiave, la concedi.
La sorpresa, però, è amara: l’email era falsa, non c’è alcun canale YouTube o Twitch. Oppure c’è, ma è praticamente tutto falso. E alla fine quella chiave verrà venduta altrove. E di quei soldi, lo studio, non vedrà un bel niente.
Un problema che va avanti da anni
Simon Carless di GameDiscoverCo ha sintetizzato il funzionamento di chi usa un finto canale YouTube per ingannare gli sviluppatori.
Intanto, pagano per avere sia dei finti iscritti sia delle finte visualizzazioni. Parliamo di numeri modesti (10-15 mila iscritti e fra 5 e 15 mila visualizzazioni per ogni video). Abbastanza, però, per dare l’impressione di un canale che può essere interessante. Anche i commenti sono fittizi; sebbene siano relativi al contenuto del video. Vengono anche create delle immagini di anteprima e delle narrazioni personalizzate per ogni video.
Il risultato finale è un canale YouTube che a un occhio distratto può sembrare credibile.