Dalla graduale disgregazione dell’E3 – che nel 2021 è solo culminata, ma da anni stava proseguendo – non credo che ci abbiamo guadagnato. Anzi.
E lo dico guardando al calendario della Summer of Games 2024.
Escludendo lo State of Play – che si è tenuto il 30 maggio – il programma include nove eventi fra il 6 e il 10 giugno. E ciò non contando la presentazione dedicata a Silent Hill 2, che si è tenuta dopo lo State of Play; né quella dell’editore Marvelous del 31 maggio. O l’evento di Nintendo che, sappiamo per certo, sarà trasmesso entro la fine di giugno. Con la gamescom che in ogni caso è a due mesi di distanza. E nonostante dall’inizio dell’anno ci siano già stati eventi di quasi ogni editore: Sony, Nintendo, Microsoft (e quindi Bethesda e Activision Blizzard), Capcom. C’è persino stato un evento online dedicato ai videogiochi cosiddetti “tripla i”.
L’E3 proponeva pochi giorni di presentazioni dei principali editori. Qualche demo giocabile per chi poteva partecipare. Ma soprattutto, l’E3 si inseriva in un contesto dove era l’apice di un attesa che per davvero durava quasi dodici mesi. Anzi: uno dei motivi della sua disgregazione è quanto la comunicazione dei videogiochi sia disintermediata, oggi. E in più l’E3 era l’E3 quando c’erano anche meno videogiochi che si battono per avere la nostra attenzione rispetto a oggi.
Oggi quell’attesa si è fibrata, si è sfilacciata. Il risultato? Ogni settimana, ogni mese ci si aspetta un qualche evento. E quando un evento non c’è si discute di quando potrebbe esserci o di cosa, se arrivasse, potrebbe includere. Un’attesa quasi costante.
Il problema è che un simile livello di attesa è molto difficile da saziare; forse, anzi, è insaziabile.
In questi giorni sono stati svelati, e altri ancora arriveranno, dozzine di nuovi videogiochi; se ne sono rivisti altrettante dozzine. Eppure, sono sicuro – sono strasicuro – che fra qualche settimana ci sarà fame di altri annunci. Di altri eventi. Di altre possibili sorprese.
Non è una questione di “si stava meglio quando si stava peggio”. L’E3 aveva i suoi problemi e ci sono state conferenze (come quella di Konami del 2010) imbarazzanti. Così come il quasi obbligo di avere sorprese a tutti i costi poi ha partorito annunci di videogiochi che non si sono visti per anni o non si sono più visti e basta; o trailer che niente c’entravano con il videogioco finale.
Però, ho l’impressione che abbiamo sostituito l’E3, con il suo carico di aspettative, con qualcosa che è anche peggio. Un’aspettativa mai colma.
Massimiliano
Il mercato dei videogiochi è complesso. Fra i motivi per cui lo è c’è, per esempio, il fatto di dover riuscire nell’incredibile missione di indovinare cosa piacerà al pubblico fra due, tre o cinque anni. Perché se comincio a sviluppare un videogioco oggi, probabilmente non sarà pronto prima del 2026 o del 2028 se è un progetto più grande. Ci sono i costi in aumento, la concorrenza in aumento, le complicazioni tecniche e logistiche di mettere insieme le idee per dare loro una forma coerente.
Nonostante ciò esiste una formula precisa per creare un videogioco sbagliato. Ed è la stessa ricetta che è stata alla base dell’insuccesso di Suicide Squad: Kill The Justice League, sviluppato da Rocksteady Studios e pubblicato da Warner Bros. Games, di cui Bloomberg ha riportato un resoconto dopo aver ascoltato oltre venti persone che ci hanno lavorato.