Le domande che, come informazione, dobbiamo farci

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Il 24% di chi gioca ai videogiochi in Italia si informa tramite i siti generalisti. La metà, il 12%, lo fa tramite i siti specializzati. La maggior parte (34%) preferisce informarsi tramite amici e familiari.

Numeri che dovrebbero fare riflettere sullo stato dell’informazione; o perlomeno su quale possa essere il suo ruolo oggi:

  • ci sono persone che cercano informazioni online e non le trovano?
  • Il modo in cui i siti – o anche questa newsletter, sia chiaro – parlano di videogiochi è in realtà respingente?
  • A che persone, esattamente, si rivolge la stampa generalista e quella specialista?
  • In altre parole: chi ci stiamo perdendo per strada?
  • Chi non riusciamo a raggiungere e perché?

Domande che dovrebbero trovare spazio per capire dove andare – anzi: dove siamo oggi – e comprendere se c’è spazio per essere più informativi ad ampio spettro, ma senza compromettere i contenuti, oppure se alcune persone, semplicemente, non si vogliono informare. Al di là dei clic e delle visualizzazioni e dei follower: qual è il futuro dell’informazione? Anzi, qual è il suo presente?

Quando a giugno 2021 ha assunto il ruolo di direttrice di Kotaku, Patricia Hernandez, scrisse che “i siti di videogiochi, per come sono oggi, hanno ripetutamente fallito nel rappresentare l’ampia ondata di persone che giocano ai videogiochi. E ogni anno che passa, tale fallimento diventa sempre più evidente. Tutti giocano ai videogiochi ormai, eppure la maggior parte di queste persone difficilmente frequenta i siti di videogiochi a meno che non abbia bisogno di sapere come si fa qualcosa”.

Riportando l’articolo di Hernandez, scrissi che “per prendere sul serio i videogiochi serve, per prima cosa, prendere sul serio l’informazione”.

Oggi vale tanto quanto un anno fa se non di più.