Kepler è un nuovo editore di videogiochi che ambisce a proporre “un modello unico e rivoluzionario” nei videogiochi. È fondato da sette studi di sviluppo (A44, Alpha Channel, Awaceb, Ebb Software, Shapefarm, Sloclap e Timberline) che sono quindi i co-proprietari. Se questi sviluppatori non ti dicono nulla (è normale), alcuni dei loro giochi in arrivo potresti conoscerli: Awaceb sta lavorando su Tchia, che si è visto al recente PlayStation Showcase; Ebb Software al gioco a tema dell’orrore Scorn, mentre Sloclap al gioco di arti marziali Sifu.
Il gruppo direttivo di Kepler è guidato dal fondo Kowloon Nights. Kepler ha già ricevuto 120 milioni di dollari nel primo turno di finanziamenti dalla cinese NetEase.
L’obiettivo è di creare un modello dove gli sviluppatori siano creativamente indipendenti, ma possano disporre in maniera organica e collaborativa delle risorse e dei guadagni finanziari altrui. In futuro Kepler intende accogliere ulteriori studi di sviluppo ed espandersi anche nei film e in altri media.
Tra il dire e il fare, però, c’è in mezzo un universo. Sulla carta sembra un modello affascinante; ma cosa succede quando uno dei sette sviluppatori inizia a perdere un sacco di soldi a discapito, quindi, della gestione complessiva?
Da una parte credo che sia interessante assistere alla volontà di testare nuove modalità di gestione all’interno degli editori di videogiochi.
Dall’altra, è l’evidenza che le piccole aziende faticano da sole e spesso l’unica soluzione è quella di raggrupparsi per non essere acquisite dagli produttori più grandi.