C’è un nuovo concorrente nel settore dello streaming: e si chiama Kick.
Nel giro di pochi giorni Kick è stato al centro dell’attualità per il trasferimento da Twitch di due streamer molto popolari. Il primo è stato Felix “xQC” Lengyel (11,9 milioni di follower), che ha firmato un accordo non esclusivo di due anni con Kick da 70 milioni di dollari e che attraverso vari incentivi può arrivare a 100 milioni di dollari.
La seconda è stata Kaitlyn Siragusa, meglio nota come Amouranth, che vanta un seguito di 6,4 milioni di persone su Twitch. Nel suo caso non sono stati rivelati i dettagli sul suo accordo con Kick. Ma su Kick ci sono anche Tyler “Ninja” Blevins e il campione di scacchi Hikaru Nakamura.
Al momento nessuna di queste persone si avvicina ai numeri che faceva registrare su Twitch – Amouranth ha 100 mila follower e xQc 412 mila, per esempio – ma è soprattutto la quota dei ricavi che possono trattenere che li ha attirati: la politica di Kick prevede che la piattaforma tenga per sé solo il 5%, contro il 50% di Twitch.
Eppure, per ora (e molto probabilmente in ogni scenario futuro) Kick non ha la capacità di rivaleggiare seriamente con Twitch. Secondo i dati di Similarweb, Twitch registra oltre un miliardo di visualizzazione al mese; Kick invece 73 milioni.
Nonostante questo, il trasferimento di xQc e di Amouranth – che potrebbe dare il via ad altri passaggi celebri di personalità che sono sempre più contrarie alle politiche di Twitch – ci dice molto di più: rivela quanto sia scarso il legame fra Twitch e i suoi streamer più popolari; e quanto Twitch, al momento, sia in confusione.
Il ruolo di Kick
Kick è una piattaforma nata di recente. Accedendo al sito ufficiale appare come una normale piattaforma di streaming; anzi, l’interfaccia è anche molto simile a quella di Twitch a una prima occhiata.
I principali motivi per cui diversi streamer sono passati a Kick sono due:
- la sopracitata divisione dei ricavi (95% va allo streamer);
- i termini di servizio molto più flessibili rispetto a quelli di Twitch, che vietano, per esempio, il gioco d’azzardo e un linguaggio che incita all’odio.
Kick si presenta quindi come l’anti-Twitch, in un certo senso: mentre Twitch modera i contenuti, ne vieta alcuni e sospende, anche definitivamente, gli streamer che violano in maniera massiccia le sue politiche, Kick promette di non fare niente di tutto questo. Mentre Twitch sta sempre più erodendo l’economia degli streamer, Kick lascia quasi tutto a loro.
Adin Ross è uno streamer che aveva oltre 7 milioni di persone che lo seguivano su Twitch e che è stato sospeso dalla piattaforma diverse volte. Fino a quando a febbraio è stato bandito definitivamente dalla piattaforma per uso di linguaggio antisemita e razzista, vietato da Twitch.
Dov’è andato Adin Ross? Su Kick, a fare più o meno le stesse cose di prima.
Anche trasmettere in streaming il Super Bowl (cosa che, se non lo sai, è vietata perché viola il diritto d’autore), cioè la partita finale della stagione del football statunitense. “Possiamo fare il cazzo che vogliamo. Non ci sono termini di servizi laggiù. Voi potete dire qualunque cosa nella mia chat”, ha detto Ross presentando Kick a chi lo segue.
Anche Tyler “Trainwrecks” Niknam è un altro streamer che è passato da Twitch – dove giocava frequentemente d’azzardo – a Kick. Dal momento del passaggio, la sua timeline di Twitter include frequentemente insulti a Twitch. Niknam è diventato anche consulente per Kick.
Per capire meglio il legame sottostante Niknam e Kick, occorre fare un passo indietro.
Chi c’è dietro a Kick
Per farla breve: un portale di gioco d’azzardo, Stake. Ma è un po’ più lunga di così perché Stake non è di fatto proprietaria di Kick; i legami sono indiretti, nascosti da altre aziende. Sebbene, come riportato da Rolling Stone, la società confermi che i due co-fondatori di Stake, Edward Craven e Bijan Tehrani, abbiano investito in Kick; che rimane, però, un’entità aziendale separata.
Lo streamer OllyRobz ha fatto un paio di ricerche e ha notato che Kick viene gestita dalla società australiana Kick Streaming Pty Ltd, a sua volta posseduta interamente da Easygo Entertainment, che è posseduta per due terzi da Tehrani e per un terzo da Ashwood Holdings Pty Lt; che è posseduta interamente da Edward Craven.
Considerato che Craven e Tehrani sono i co-fondatori di Stake, il legame con Kick è presto fatto, anche se – come visto – indiretto.
Niente di tutto questo viene evidenziato sul sito di Kick, che anzi omette moltissime informazioni sulla sua proprietà.
La categoria del gioco d’azzardo è seguita da oltre 21 mila persone su Kick: non è la più popolare – Fortnite, Valorant o Call of Duty Warzone 2.0 sono più seguiti, per esempio – ma in molti momenti della giornata è la più guardata dietro solo a Just Chatting (le chiacchiere su vari argomenti, anche slegati dai videogiochi).
Torniamo, dunque, a Niknam.
Prima di lasciare Twitch, Niknam giocava spesso d’azzardo proprio attraverso Stake. Il fatto che oggi ne sia uno dei principali ambasciatori non deve sorprendere; così come non deve farlo che ne sia consulente e, da un certo punto di vista, uno dei volti più in evidenza di Kick.
È stato lo stesso Niknam, per esempio, ad annunciare il Creator Program di Kick, finalizzato a supportare tutti gli streamer su Kick e non sono quelli maggiori. “Twitch ignora i creator piccoli e medi e distribuisce il suo budget a un piccolo e selezionato gruppo di streamer attraverso contratti a pagamento”, ha scritto Niknam, evidenziando ancora il posizionamento di Kick come rifugio per gli esuli da Twitch e da chi prova insoddisfazione verso Twitch. “Creator piccoli e medi hanno poche opportunità di guadagno su Twitch e ci si aspetta che sopravvivano con l’ingiusta divisione dei ricavi dalle sottoscrizioni e dal misero programma delle pubblicità”.
Niknam ha anche scritto che “Kick.com avrebbe potuto spendere milioni di dollari acquisendo grandi streamer in esclusiva. Invece, ha scelto di investirli in tutti i creator”. Eppure, sebbene sia vero che non ci sono esclusive, spendere decine di milioni di dollari per gli streamer più popolari è esattamente ciò che è stato fatto pur di portarli verso Kick.
Il punto sollevato da Niknam, però, è reale: il rapporto fra gli streamer e Twitch è sempre più intricato.
Il logoramento di Twitch
Dopo aver puntato a lungo su una stretta relazione con le personalità più rilevanti sulla piattaforma, Twitch è sempre più distaccata dalla vita quotidiana degli streamer.
Di recente, ha eliminato un contratto vantaggioso per gli streamer più popolari, che permetteva di tenere per sé il 70% dei ricavi anziché il 50% standard poiché ritiene che non sia più sostenibile visti i costi per gestire la piattaforma.
Inoltre, Twitch ha iniziato a impedire il multicast – quindi la trasmissione in diretta su una o più piattaforme oltre a Twitch contemporaneamente – cercando di contrastare YouTube e Facebook (sebbene permetta di farlo con servizi mobile come TikTok e Instagram Live).
“Il ‘peccato’ di Twitch non è tentare di spremere i suoi creator”, ha scritto in un tweet Siragusa dopo aver annunciato l’accordo con Kick. “Il loro peccato è applicare un modello di business che non può avere successo se non alla scala di YouTube forse – ma lo streaming in diretta è un TAM [Total Available Market] molto più piccolo dei video preregistrati (soprattutto quando TikTok ha vinto le trasmissioni di video ultra brevi)”. Siragusa fa riferimento a come Twitch voglia imporre sempre di più le pubblicità: che hanno senso però sui grandissimi numeri, molto più grandi di quelli a cui Twitch – secondo Siragusa e non solo – riesce ad arrivare. Motivo per cui tante persone chiedono un cambiamento radicale del modello di business.
Kick resterà probabilmente una piattaforma modesta nel panorama dello streaming. Avere una piattaforma del gioco d’azzardo dietro di sé, però, potrebbe anche significare che Craven e Tehrani sono disposti a perdere soldi con Kick: perché è una vetrina importante per i servizi che Stake propone e che rappresentano la vera rendita.
Dal canto loro gli streamer stanno approfittando del momento propizio: passare dal 50 al 95% è un passaggio incredibile. Difficile dire di no.
In tutto questo chi perde realmente è Twitch, che sta realizzando che molte delle persone che hanno reso celebre la piattaforma non le sono fedeli: ha dato loro visibilità e a volte è stato il catalizzatore della loro popolarità; ma se arriva un’offerta migliore – come sta facendo Kick – fanno presto i bagagli. Anche a causa di politiche sempre più indifferenti al lavoro dello streamer in primis.