L’obiettivo di una società quotata in borsa è soprattutto uno: fare in modo che il valore delle sue azioni cresca. Perché ciò significa che la percezione della società e del suo futuro è positivo e che “il mercato” si fida delle sue attività e dei suoi prodotti e servizi.
Naturalmente il mercato si muove come conseguenza delle scelte, delle strategie e delle comunicazioni di una data società: così a volte sale e a volte scende.
Come pubblico possiamo solo osservare – certo: escludendo chi invece sceglie di acquistare a sua volta azioni delle società quotate – e quindi, sulla carta, siamo neutrali rispetto all’andamento delle azioni di borsa: le osserviamo, le giudichiamo e le influenziamo anche, con gli acquisti o i non acquisti dei videogiochi. Ma senza, di per sé, tifare per un verso o per l’altro.
Ma c’è anche altro e ora mi spiego meglio.
Per far salire le sue azioni, una società di base persegue il profitto (o aumentando i ricavi o riducendo i costi, spesso licenziando tantissime persone a causa di scelte strategiche incaute, come minimo) e soprattutto la crescita del volume delle sue attività.
Talvolta, nel caso dei videogiochi, lo persegue inseguendo tendenze e mode che poco c’entrano con ciò che l’azienda ha fatto in passato. È stato così, per esempio, con gli NFT, i token non fungibili che alcuni editori, come Ubisoft e Square-Enix, hanno inserito nelle loro strategie, con risultati o scarsi o ancora da registrare. Ciò può accadere anche a discapito della creatività degli studi oppure persino delle condizioni di lavoro del personale.
Insomma: la soddisfazione degli azionisti spesso (non sempre) contrasta con ciò che dovrebbe interessare il pubblico; o perlomeno quella porzione di pubblico che promuove un settore più stabile e più sostenibile.
Allo stesso tempo, però, anche la situazione opposta, quella in cui il valore delle azioni cala, ha potenziali effetti collaterali da non sottovalutare.
La faccio breve: se il valore delle azioni cala, il valore della società complessivamente cala e quindi quella società è un obiettivo più facile per quelle gigantesche multinazionali che cercano di espandersi sempre di più comprando altre società.
È esattamente ciò che è successo con Microsoft e Activision Blizzard, le cui azioni valevano oltre 90 dollari a luglio 2021 e pochi mesi dopo, a seguito di molteplici accuse rivolte alla dirigenza di aver contribuito a un ambiente di lavoro tossico, valevano meno di 60 dollari: è questa situazione che ha spinto Microsoft a muoversi per comprare Activision Blizzard perché le ha fatto risparmiare decine di miliardi di dollari.
Qualcosa di simile, ma molto più piccolo, è accaduto quando il fondo sovrano saudita (il Public Investment Fund) ha comprato ulteriori quote di Koei Tecmo, il cui valore azionario è sceso del 23% nel corso dell’ultimo anno.
In altre parole, il rischio è che questa situazione incentivi un consolidamento ulteriore del settore, con poche società che includono tantissimi studi di sviluppo: così è stato per Embracer (che oggi sta smantellando), così come per Microsoft, per Tencent, per Savvy Gaming Group. L’accentramento raramente è cosa buona e giusta.
Alla luce di queste due potenziali conseguenze – o il perseguimento forsennato del profitto o il rischio che grossi conglomerati diventino sempre più grossi – non so sinceramente cosa sia meglio auspicare.