Le cose sono cambiate

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Nel raccontare il videogioco è inevitabile il passaggio intermedio delle aziende, il più delle volte. Perché sono le aziende che decidono quando parlare di un videogioco, come farlo e dove farlo; se annunciare qualcosa a un evento fisico o durante una presentazione in streaming dedicata. In pratica, una convivenza fra l’informazione e le aziende è necessaria per parlare del prodotto-videogioco, che poi è la cosa che più interessa alla maggior parte delle persone. I trailer, le immagini, le demo, le anteprime: tutte fasi del processo di marketing del videogioco; e a segnare il ritmo è l’azienda.

Ai siti di informazione, per tanto tempo, è rimasto il ruolo di filtro; di coloro che dovevano sì sottostare alle tempistiche decise dall’azienda, ma che potevano provare con mano, dare opinioni, giudizi, mettere in dubbio e persino decidere se pubblicare qualcosa o no. E questo alle aziende importava perché in assenza dei siti di informazione (o prima ancora delle riviste specializzate) quell’informazione non avrebbe raggiunto il pubblico o perlomeno avrebbe fatto più fatica.

Fino a che le cose sono cambiate. E come tante altre cose di cui parliamo oggigiorno, sono cambiate in virtù delle nuove dinamiche concesse alle aziende per via dei canali digitali. L’avvento di Internet, insomma.

Oggi alle aziende i siti di informazione (o perlomeno i cosiddetti riferimenti “istituzionali”, che parlano del videogioco in modo strutturato) servono sempre meno, al punto che, nel parlare del videogioco, possono pure farne a meno. Canali dedicati come Xbox Wire e PlayStation Blog forniscono alle persone contenuti regolari sui principali annunci, i video dedicati e persino interviste esclusive a chi quei giochi li sta creando e ha realizzato la colonna sonora o la sceneggiatura o si è occupato del disegnare il mondo. Contenuti a cui i siti di informazione non hanno accesso.

In altre parole, le aziende possono usare gli strumenti dei siti di informazione, ma con ulteriori possibilità, come il poter parlare direttamente con chi sviluppa, che spesso quelle aziende negano – esercitando un legittimo controllo sulle informazioni che circolano – ai siti di informazione che possono, eventualmente, farne richiesta.

Il fatto stesso che a volte i contenuti proposti dai siti di informazione e dai portali come quelli sopracitati siano sovrapponibili – per non dire identici nella forma e nel contenuto – ci dice una cosa importante: il fatto che oggi le aziende parlino con le forme e le strutture e le parole dei siti di informazione rivela che per anni abbiamo parlato – e mi ci metto in mezzo – come le aziende. O perlomeno in un modo a loro così assimilabile che ora può far parte della comunicazione aziendale senza sembrare alieno né forzato. Come se nulla fosse, i mezzi e le dinamiche dell’informazione videoludica hanno fatto il giro e sono diventati marketing.

E a sua volta, ciò dice tanto delle difficoltà che un settore come quello dell’informazione videoludica deve affrontare: slegarsi dalle aziende è difficile. Meno difficile è per le aziende slegarsi dai siti di informazione: oltre ai blog ufficiali, i profili social sono spesso usati dalle persone per informarsi e chi produce video per YouTube o Twitch, per esempio, può avere accesso a codici o contenuti in anteprima per tramite delle aziende.

Un legame molto stretto in cui però solo una parte – i siti d’informazione – sembra non poter fare a meno dell’altra.

Mentre le aziende sempre più si allontanano dai siti di informazione, bisogna chiedersi cosa fare e come fare affinché i siti di informazione trovino un modo di esistere anche facendo un po’ meno riferimento alle aziende.