Ce n’è da crescere

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Non ho mai nascosto quanto per me sia difficile celebrare i numeri dell’industria dei videogiochi in Italia. Perché anche quando i consumi superano per la prima volta i 2 miliardi di euro e quando il numero di addetti impiegati in Italia arriva a 1.600 persone, è evidente la quantità di lavoro che ancora bisogna fare e, soprattutto, quanto per anni questo settore sia stato trascurato.

La Finlandia ha una popolazione di 5,5 milioni di persone, più o meno un dodicesimo di quella italiana (59 milioni). Eppure, l’industria dei videogiochi finlandese, secondo i dati ufficiali, include 3.600 persone e ha 200 studi attivi e un giro d’affari di 2,4 miliardi di euro. Mentre in Italia Simulmondo prima e Milestone poi provavano a rompere le barriere culturali, nel 1995 in Finlandia nascevano Remedy Entertainment (autore di Max Payne, Alan Wake e Control) e Housemarque (Resogun, Returnal), due studi che oggi hanno un peso internazionale notevole.

La maggior parte delle aziende che producono videogiochi in Italia fattura meno di 100 mila euro; in Finlandia la media degli studi di sviluppo che hanno partecipato al sondaggio (134) arriva a 360 mila euro e 46 aziende hanno fatturato nel 2020 oltre un milione di euro.

Anche Supercell, che ha prodotto Clash Royale, è finlandese e ha poco più di 300 dipendenti. Per anni, ha rappresentato la quota più grande del giro d’affari dell’industria videoludica finlandese (era l’88% nel 2015), ma nel 2020 era il 54%, segnale sia di un calo dei ricavi di Supercell (che restano comunque alti) sia della maggiore eterogeneità del mercato.