Il problema dei cecchini nel metaverso

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Rimanendo in tema metaverso, una cosa dev’essere chiara: siamo molto lontani da qualcosa da ciò che società come Meta, Roblox o Epic Games stanno promuovendo, cioè quel tipo di visione futuristica (e un po’ distopica) di Snow Crash e Ready Player One, in cui le persone passano giornate intere avvolte dalla realtà virtuale per dimenticare che là fuori il mondo è incasinato.

Queste società non stanno affrontando le varie problematiche che una simile visione prevede. E non mi riferisco all’idea di convincere le persone a stare con un visore di realtà virtuale stampato in faccia per interagire con persone lontane chilometri: 15 anni fa dicevamo lo stesso per gli smartphone e ora i social network assorbono gran parte del nostro tempo.

Mi riferisco agli aspetti puramente tecnici che conoscono gli addetti ai lavori. Uno di questi riguarda, per esempio, il problema del cecchino. Se immaginiamo ogni mondo di gioco come una griglia, il movimento di un avatar è organizzato in base allo spostamento che fa di quadrato in quadrato: ogni volta viene caricato una certa quantità di asset sufficiente a collocare correttamente il personaggio in quel punto della griglia e a caricare i dettagli ambientali circostanti.

Cosa succede, però, quando un cecchino – che possiede, cioè, uno strumento capace di avere una visione a lunga distanza – entra in gioco?

“C’è ancora tanto lavoro di ricerca da fare”

Lo ha spiegato a VentureBeat Kim Libreri, direttore tecnologico di Epic Games: il sistema deve caricare nel dettaglio e in tempo reale ciò che sta avvenendo molto lontano e perciò la latenza dev’essere bassissima perché qualunque margine di errore impedisce un’esperienza fluida.

È un problema tecnologico notevole considerato che il metaverso intende essere una replica realistica e fedele del mondo reale e che intende essere molto più grande di qualsiasi gioco online oggi esistente.“Ora puoi comprendere perché solo cento giocatori sono permessi in un gioco battle royale come Fortnite. Devono essere raccolti moltissimi dati sulla posizione relativa e il movimento di ogni giocatore e poi devono essere trasferiti a un server e sincronizzati con tutti gli altri giocatori” spiega l’autore dell’articolo, Dean Takahashi.

“Se togli molta di quella capacità computazionale, aumenti i requisiti della grafica 3D con un ambiente di realtà virtuale, metti insieme i componenti elettronici in un dispositivo wireless, compatto e portatile come un Meta Quest 2, puoi al massimo prevedere 16 giocatori, come accade nel gioco in realtà virtuale Population: One. Non è granché come metaverso”.

Secondo Libreri, “c’è ancora tanto lavoro di ricerca da fare. Penso che Tim [Sweeney, amministratore delegato di Epic Games] direbbe che probabilmente abbiamo bisogno di un nuovo linguaggio di programmazione” per simulazioni grandi quanto un metaverso.