Nessuno vuole rinunciare ai giochi live service

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
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Chiamatela console war o platform war o qualunque altra espressione inglese che preveda che ci siano due schieramenti: da una parte chi preferisce una cosa e dall’altra chi ne preferisce un’altra. Il che, tutto sommato, sarebbe pure normale: “de gustibus non disputandum est” non è una delle espressioni latine più note a caso. I gusti sono gusti.

Nel caso dei videogiochi subentra un altro fattore: il costo. La console war spesso diventa la scelta di una piattaforma anziché un’altra per il banale motivo che comprarne più di una è costoso: oggi, per esempio, acquistare una PlayStation 5 (sempre che la trovi) e una Xbox Series X significa sborsare 1.050 euro. Una cifra decisamente importante.

Perciò, quello che avviene non è che la persona non vuole l’altra console: semplicemente l’esborso economico non è sostenibile. Ed è qui che avviene la magia.

La scelta altrui dev’essere invalidata e resa non attraente in un’operazione di autoconvincimento ed esaltazione della propria scelta individuale. Ho scelto di comprare quella console – o quel telefono, quel TV: vale per qualunque prodotto – perché l’altra scelta è pessima; e tale convinzione dev’essere perpetuata a ogni occasione, dev’essere nutrita regolarmente.

Ogni volta che esce un gioco che fa parte della “concorrenza” (concetto aziendale e che, per qualche motivo, viene mutuato dai consumatori), si spera che sia un mezzo fiasco o che vengano confermati i pregiudizi. In altre parole: che non piaccia o che sia semplicemente poco apprezzabile.

In sintesi, il discorso non verte più sulle caratteristiche della mia scelta (che è una scelta soprattutto perché ho deciso di escludere altro); ma sullo screditare la scelta altrui. Se hai scelto altro, hai creduto a quella azienda, ti sei aspettato qualcosa che poi non si è avverato: la scelta “giusta” era davanti ai tuoi occhi, ma hai preferito non vedere.

La mia scelta – è il pensiero – non è valida in quanto è la mia scelta, che quindi reputo soddisfacente per me; ma lo è perché è in contrapposizione a una scelta che reputo invalida e sbagliata.

Tale situazione, già di per sé svilente, risulta ancora più stridente perché le aziende stesse si stanno allontanando dal concetto di esclusività e stanno iniziando a sposare quelle piattaforme che fino a pochi anni fa erano semplicemente territorio avversario e quindi non andavano supportate: non hanno interesse a screditare le altre piattaforme perché vogliono allargare il loro pubblico.

Nel mentre, invece, una quota di consumatori continua a fissare e a esaltarsi davanti alle ombre sulla parete della grotta pensando che rispecchino la realtà. Non consapevoli che invece sono le ombre di uno spettacolo di burattini che ormai non interessa più a nessuno. Nemmeno al burattinaio.

Massimiliano


Square-Enix ha annunciato che chiuderà Final Fantasy VII: The First Soldier a gennaio 2023 perché “non siamo stati in grado di creare l’esperienza che speravamo e che tutti voi meritavate”. Il gioco, un battle royale per dispositivi mobile, è uscito a novembre 2021.

Nelle scorse settimane, Square-Enix aveva già annunciato di aver cancellato gli aggiornamenti previsti per Babylon’s Fall, sviluppato da Platinum Games e decisamente criticato al lancio, e che non potrà più essere giocato dal 27 febbraio 2023. Babylon’s Fall è uscito il 3 marzo 2022.

Eppure, nessuna delle due aziende intende rinunciare ai live service in linea con un atteggiamento generalizzato nel settore.

I live service – che richiedono importanti investimenti e un approccio allo sviluppo molto diverso, per organizzazione e priorità, rispetto a un gioco non live service – sono una scommessa: anche dopo tanti fallimenti, riuscirci almeno una volta potrebbe significare cambiare le fortune di un’azienda. Aspettiamoci tanti progetti che falliranno nel provarci.

Le decisioni delle aziende

L’amministratore delegato di Platinum Games, Atsushi Inaba, ha detto che la società intende proseguire con i propri piani sui giochi live service e che userà alcune delle lezioni imparate con il fallimento di Babylon’s Fall.

“I giochi live service sono assolutamente qualcosa che vogliamo fare e in cui vogliamo investire in futuro”, ha detto in un’intervista rilasciata a VGC.

Quando acquisì Bungie, Sony Interactive Entertainment sottolineò che era sua intenzione avere sul mercato 12 giochi live service entro il 2025, a dimostrazione di un deciso allargamento della sua strategia. A oggi, Sony Interactive Entertainment cita solo MLB The Show 22 come gioco di questo tipo in catalogo.

I giochi live service sono sempre più inevitabili nei cataloghi dei produttori: e praticamente tutti mirano ad averne almeno uno. Take-Two, per esempio, ha registrato un grande successo con GTA Online, modalità multigiocatore di GTA 5 che è stata continuamente espansa, e in misura minore con Red Dead Online (parte di Red Dead Redemption 2), mentre Ubisoft continua a coccolare Rainbow Six: Siege.