Come tante altre cose nel mondo dei videogiochi anche la nostalgia sta cambiando. Non solo nella forma, ma persino nella rapidità con cui qualcosa del passato viene vissuto, appunto, in modo nostalgico.
Normalmente si penserebbe a un’iniziativa nostalgica nella forma di raccolte come Sonic Origins, che prende i videogiochi della serie pubblicati su SEGA Mega Drive, o la raccolta dedicata al 50esimo anniversario di Atari. Oppure le varie riedizioni in miniatura di console come SNES, PlayStation e PC Engine.
Ma un fatto recente ci ha dimostrato che la nostalgia, oggi, è qualcosa di diverso per un’intera nuova generazione di persone.
Nei giorni scorsi in Fortnite è tornata l’isola originale, cioè quella che c’era nel 2018. Di capitolo in capitolo l’isola è cambiata e sono stati introdotti veicoli, nuovo equipaggiamento, nuovi personaggi. Fatto sta che Epic Games ha ripristinato l’isola originale e Fortnite ha registrato un record di 44,7 milioni di utenti unici attivi in giorno solo. Per molte di queste persone è stato come fare un tuffo in un passato più semplice: nostalgico, appunto.
Se penso a qualcosa o a qualcuno che mi crea nostalgia, risale a 10, 15, persino 20 anni fa: non cinque anni fa.
I videogiochi cosiddetti live service si evolvono così in fretta, che l’isola del 2018 di Fortnite è praticamente un altro videogioco: prima dei concerti, prima dell’idea di metaverso, prima di far indossare le maglie della Juventus o di giocare come Goku di Dragon Ball o come John Wick dell’omonimo film.
“L’evento di Fortnite ci mostra qualcosa di interessante riguardo a come la Generazione Z sta fruendo dei videogiochi della sua infanzia”, ha scritto Keza MacDonald sul quotidiano britannico The Guardian. “La nostalgia è sempre stata un bel giro d’affari nell’intrattenimento e ha preso il là nei videogiochi nell’ultimo decennio, più o meno, quando la prima generazione di videogiocatori è divenuta quarantenne o cinquantenne. Ma se io posso andare su Ebay e cercare un Dreamcast ingiallito e un gioco di cui ho vaghi ricordi legati alla mia adolescenza, i giochi dell’infanzia della Gen Z sono sia ancora con noi sia completamente spariti. Se hai 17 anni, potresti aver giocato a Fortnite quando ne avevi 12. Ma il gioco oggi è significativamente diverso da quello che hai giocato al tempo e la versione che ricordi non esiste più”.
Ma di questo fenomeno fa parte anche World of Warcraft Classic, che è un’iniziativa secondo me straordinaria per quanto sia efficace: Blizzard sta letteralmente riproponendo il videogioco come se fosse uscito da poco. E non sta facendo come Square-Enix, che ha preso Final Fantasy 7 e lo ha riportato sul mercato con grafica nuova, combattimenti rivisti e altro: Blizzard ha preso World of Warcraft originale e lo ha rimesso sul mercato. Ma c’è di più, perché pian piano sta anche riportando le espansioni. Alla Blizzcon recente ha annunciato che l’espansione Cataclysm, uscita originariamente nel 2010, verrà aggiunta a World of Warcraft Classic.
Tutto ciò sta avvenendo in modo palese e anche con la grande soddisfazione di una quota di persone che stanno rivivendo o vivendo per la prima volta una cosa che invece è successa tanti anni fa, cioè l’evoluzione di World of Warcraft. Come se nel frattempo non fosse successo niente, Blizzard sta riproponendo lo stesso videogioco con le stesse espansioni e, pare, va benissimo così: perché come si stava bene un tempo.
Anche questo è un effetto dei videogiochi moderni, stretti fra tendenze, cambiamenti ed evoluzioni: oggi la nostalgia, per tante persone, riguarda qualcosa che è stato fatto praticamente ieri. Così un videogioco, anche dopo pochi anni, è già rivendibile.
Massimiliano
Uno degli ambiti, nel mondo dei videogiochi, in cui l’adozione crescente di sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale sta già avendo un impatto evidente è quello della localizzazione dei videogiochi.
Parlando di modelli di Intelligenza Artificiale, includo anche a quelli che vengono chiamati modelli di linguaggio di grandi dimensioni, come ChatGPT di OpenAI, che oggi è sicuramente il più rilevante al mondo: quei sistemi che sono stati addestrati da tantissimi dati (documenti, libri, pagine web) per poter fornire risposte statisticamente rilevanti alle richieste testuali degli utenti.
Nell’ambito della localizzazione l’uso di sistemi basati sull’IA sta ottenendo esattamente ciò che i detrattori temono: sta rovinando il lavoro e riducendo gli stipendi.