È più o meno dalla metà del 2021, cioè da quando sono iniziate le vaccinazioni di massa e da quando si è iniziato ad alleggerire le restrizioni, che gli addetti ai lavori dicono una cosa: la crescita annua del settore sbatterà contro un muro a breve.
Perché l’accelerazione che c’è stata nel 2020 si è mangiata un po’ della crescita annua naturale; e dopo la scorpacciata di videogiochi molte persone sono tornate ad abitudini normali.
In altre parole, chi durante la pandemia ha riscoperto i videogiochi, perché doveva pur passare il tempo in casa, ora li sta giocando meno o ha smesso di farlo.
In soldoni, ciò si tradurrà in un calo annuale delle vendite, secondo le previsioni per il 2022. Secondo l’analisi di Ampere, di cui ho letto su CNBC, quest’anno l’industria mondiale registrerà un calo dell’1,2% rispetto al 2021. A dimostrazione che anche i videogiochi non possono crescere per sempre.
“Dopo due anni di grande espansione, il mercato dei videogiochi perderà un po’ di quella crescita nel 2022 a causa di molteplici fattori che mineranno le prestazioni”, ha commentato il direttore per le ricerche di Ampere, Pierre Harding-Rolls. Tali “molteplici fattori” sono quelli noti: scarsità di componenti; forte inflazione; guerra in Ucraina; problemi logistici causati dai vari lockdown in Cina.
Ciò significa che l’industria dei videogiochi ha raggiunto il suo picco? No. Tale calo è figlio degli anni anomali che sono stati vissuti e un certo assestamento è fisiologico. Anzi, Ampere stima che nel 2023 tornerà di nuovo a crescere, una previsione che suggella l’anomalia del 2022.
Anche se associazioni e aziende fanno le capriole per far passare solo i messaggi positivi e quindi, sono certo, troveranno il modo di comunicare quel segno meno in un modo che alla fine ti lasci pensare che tutto sommato non è proprio un segno meno.