Le due facce della nostalgia questa settimana hanno i volti di Return to Monkey Island, che vede di nuovo Ron Gilbert coinvolto insieme a Dave Grossmann, e Max Payne 1 e 2, che saranno rifatti da Remedy Entertainment e pubblicati da Rockstar Games.
Alla base, i due progetti condividono lo stesso punto di partenza: prendono una serie che è stata lasciata indietro (l’ultimo capitolo di Monkey Island è del 2009, mentre Max Payne 3 è uscito nel 2012) per riproporla.
A chi però?
Return to Monkey Island a un pubblico di nostalgici, fondamentalmente: coloro che anni fa hanno giocato a Monkey Island e sono rimasti fedeli a quel tipo di avventura punta e clicca, fatta di enigmi subordinati a soluzioni stralunate al limite del comprensibile.
Dietro ci sono Lucasfilm Games e Devolver Digital: il che lascia pensare, comunque, a un progetto rilevante, pur nella volontà di rispondere a una domanda di mercato ristretta.
Il remake di Max Payne 1 e 2 è pubblicato da Rockstar Games; per il progetto verrà investito un budget da “produzione tripla A”, almeno per gli standard di Remedy (quindi sulla falsa riga di Control o Quantum Break).
Trovo curioso – ma non strano – far notare che lo studio piccolo (Toybox di Gilbert) sta rischiando di più riproponendo un’avventura grafica che appartiene a una serie storica di un genere sempre più ristretto; mentre Remedy si aggrappa a un colpo di mercato più facile pur contando sui soldi di Rockstar Games.
La decisione di lavorare a un remake di Max Payne 1 e 2 semmai potrebbe dirci di più sull’evoluzione di Remedy Entertainment come azienda: le dimensioni che sta raggiungendo (oltre 250 dipendenti) e i progetti di crescita a lungo termine richiedono progetti meno rischiosi.
Dopo l’annuncio di Alan Wake 2 (molto richiesto: si vedrà se tale richiesta si trasformerà in vendite), un remake di due giochi molto apprezzati (inoltre, i dati di Take-Two del 2011 avevano rivelato che i primi due capitoli hanno venduto 7,5 milioni di copie) è quasi un colpo sicuro.
Massimiliano
Oltre i videogiochi: le mire di Unreal Engine 5 e Unity
Unreal Engine 5, nuovo motore grafico di Epic Games, è disponibile agli sviluppatori. Durante lo State of Unreal, Epic Games ha presentato molti dei suoi partner – principalmente società che sviluppano videogiochi: Crystal Dynamics ha detto che sta lavorando a un nuovo Tomb Raider basato su Unreal Engine 5; CD Projekt ha confermato il passaggio, per lo sviluppo del prossimo The Witcher, al motore di Epic Games e The Coalition, che gestisce Gears of War, ha pubblicato una demo tecnica costruita con Unreal Engine 5.
Eppure, la più importante novità di Unreal Engine 5 è che renderà più semplice creare asset transmediali – quindi utilizzabili facilmente sia per i videogiochi sia per le produzioni cinematografiche e televisive – rispetto alle precedenti generazioni.
Unreal Engine viene usato per creare modelli in computer grafica e scene oltre ai videogiochi: Westworld, The Mandalorian e Space Sweepers sono alcune delle produzioni audiovisive che si sono appoggiate al motore di Epic Games.
La demo tecnica The Matrix Awakens è stata un esempio di come avvicinare videogiochi e film sia più facile proponendo un’elevata fedeltà visiva.
In altre parole, gli studi potranno realizzare un unico modello e usarlo sia nei videogiochi sia nei film; al massimo servirà una riduzione dei poligoni per le console (soprattutto Nintendo Switch), ma molto meno che in passato.
Unreal Engine 5, insomma, intende supportare la creazione di mondi virtuali transmediali. Una mira che diventerà sempre più importante verso – piaccia o no: tante aziende ci credono – il metaverso.
Per la stessa ragione, Epic Games ha comprato nel 2021 Sketchfab, piattaforma dove vendere modelli tridimensionali, e ArtStation, dove chi crea contenuti artistici può pubblicarli.
Recentemente ha presentato l’applicazione RealityScan per usare la fotocamera dell’iPhone per scansionare i prodotti e realizzarne un modello 3D.
Si sta muovendo nella stessa direzione Unity, che a fine 2021 ha acquisito Weta Digital, azienda fondata dal regista Peter Jackson, per 1,6 miliardi di dollari.