A che serve l’E3?

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Ogni domenica invio una nuova puntata.

In settimana è successa una cosa strana, ma che in realtà è strana soltanto perché va a rompere una serie di abitudini radicate nell’industria: a ben vedere, però, è coerente con l’evoluzione della comunicazione degli editori di videogiochi, dei grandi eventi annuali e delle dinamiche lavorative nel settore.

Fino a qualche tempo fa si poteva essere abbastanza certi – con naturali eccezioni – che i grandi annunci sarebbero stati riservati per i principali eventi annuali, fra cui l’E3 di giugno, quando sia la stampa sia i giocatori sono sintonizzati con l’evento videoludico di turno; quindi un annuncio di un grande editore ha tutto il palcoscenico che serve.

Qualcosa è cambiato.

Prima è stato lo streaming, che ha permesso a società come Nintendo, prima, e Microsoft e Sony poi di avere appuntamenti fissi con cui parlare dei giochi in sviluppo o presentarli. Poi eventi come i The Game Awards di dicembre sono diventati sempre più rilevanti per gli annunci, mentre la pandemia ha di fatto demolito l’E3: annullato nel 2020, organizzato online nel 2021 e, per ora, altrettanto nel 2022.

Nei giorni scorsi sono arrivati annunci corposi – più per il tipo di produzione e per chi lo sta producendo che per reali informazioni sul contenuto – che normalmente avremmo visto a questi eventi:

  • Respawn Entertainment ha annunciato che sta lavorando a tre giochi basati su Star Wars: uno strategico, uno sparatutto in prima persona e un nuovo capitolo della serie Star Wars Jedi. Non sono state fornite tempistiche di uscita. Lo strategico sarà solo prodotto da Respawn, ma sarà sviluppato da Bit Reactor, fondato da ex dipendenti di Firaxis (Civilization, XCOM)
  • Blizzard invece sta realizzando un gioco di sopravvivenza basato su una nuova proprietà intellettuale, senza nome
  • Crytek ha annunciato che sta lavorando a Crysis 4

C’è un ulteriore elemento da considerare. I giochi presentati non hanno un titolo né una data di uscita; come annunci, quindi, si sono esauriti rapidamente perché da discutere non c’era niente. Sono serviti alle aziende, però, per avviare il percorso di reclutamento e provare ad attirare le figure necessarie alla produzione di quei giochi. Specialmente Blizzard, che sta vivendo un momento complesso a causa delle denunce per un ambiente aziendale tossico e perciò deve puntare in alto per accattivarsi l’interesse dei grandi talenti.

Infine, va considerato che, con la dinamica del lavoro ibrido e della decentralizzazione del lavoro nel campo videoludico, la caccia ai talenti ora non può più avvenire solo a San Francisco (dove si tiene la Game Developers Conference) o a Los Angeles (per l’E3). Ulteriore motivo per preannunciare grandi progetti con un comunicato stampa, che arriva ovunque, come magnete per attirare le persone anche da più lontano.