Il 24 gennaio del 2021 nasceva Insert Coin. Da un’idea impulsiva, come tante delle mie; ma come tutte le mie idee impulsive, anche questa si è rivelata giusta.
O almeno: si è rivelata un’idea bella, a cui sto dando seguito tanto tempo dopo e con immensa gioia e soddisfazione.
Perché questa introduzione? Perché la puntata di oggi è la 100esima di questa newsletter.
Da oltre due anni, quasi ogni domenica mattina – c’è qualche settimana di pausa per le ferie di mezzo – mi siedo, più o meno sempre alle 7.30, e la invio. Ok, da qualche mese in realtà molto prima perché devo registrare il podcast: ma sono quisquilie che non ha senso trattare ora, in questa sede.
Insert Coin, per me, è un piccolo, grande orgoglio.
Intanto, perché è il frutto di un lavoro solitario. Ma non è tanto questo, ché è banale dirlo. È perché questa newsletter è il frutto di tutto ciò che ho fatto e che non ho fatto da quando, a settembre del 2009, ho iniziato a scrivere online. Del percorso intero, nei suoi momenti buoni e in quelli meno buoni e in quelli proprio brutti. Senza cui Insert Coin o non esisterebbe o sarebbe una cosa molto diversa.
Oggi mi prendo questo spazio per fermarmi un secondo e riflettere sul fatto che 100 puntate sono tante. Lo sono nella misura in cui ogni settimana mi prendo il tempo di pensare a un approfondimento, indago e poi lo scrivo. E infine, parte più delicata, lo invio a centinaia di persone: che aumentano ogni settimana. La prima puntata erano 20. Oggi sono quasi 500.
Uno spazio virtuale dove ragionare, a mente fredda, sull’industria dei videogiochi; su ciò che fa e su ciò che non fa; su ciò che promette che farà e poi non farà.
In 100 puntate ho cercato di fare questo: di raccontare i videogiochi in un modo che informasse, ma non annoiasse; che aiutasse, ma senza apparire pedante o borioso; che contribuisse, senza puntare il dito.
Ora, è il momento di andare avanti. Perché se c’è una cosa che ogni giornalista sa è che c’è sempre poco tempo per festeggiare un buon articolo. Perché ce n’è già un altro da scrivere.
Massimiliano
Nel mondo mobile continuano a succedere cose che vengono accolte, tutto sommato, molto sottotraccia rispetto ciò che sono o che dovrebbero essere. Non che tutto vada celebrato e analizzato nel dettaglio ogni volta; ma è chiara la differenza, netta, che sussiste – per interessi, legittimi, delle testate, per abitudini del pubblico che più legge e per fattori meramente storici – fra la copertura che riguarda i videogiochi per PC e console e quella dei giochi mobile.
Nel 2022 il decimo anniversario di Candy Crush Saga, uno dei successi videoludici più grandi di sempre, è passato quasi inosservato. E pochi giorni fa, l’atteggiamento di generale indifferenza è stato confermato quando Subway Surfers, lanciato su smartphone nel 2012, ha superato i 4 miliardi di download in tutto il mondo. Un risultato incredibile.
E mentre vengono frequentemente sottolineate le prestazioni commerciali di giochi come Fortnite o Minecraft o Call of Duty, quando si parla di esperienze unicamente mobile, come Subway Surfers, non sempre si riesce pienamente a realizzare la portata di simili risultati.
Quattro miliardi di download. Un’enormità. Il videogioco mobile più scaricato di sempre. Eppure, di Subway Surfers non si parla praticamente mai.
Da dove arriva Subway Surfers
Subway Surfers è un endless runner. Uno dei giochi dove puoi potenzialmente correre all’infinito schivando ostacoli e raccogliendo oggetti, di volta in volta in luoghi leggermente diversi, ma sempre correndo su dei binari.
Il suo incredibile successo si deve, intanto, al fatto che gli endless runner sono un genere incredibilmente intuitivo e, per certi versi, senza tempo. La struttura e le meccaniche di Subway Surfers sono rimasti tali dal 2012 a oggi, come ha confermato Mathias Gredal Nørvig, amministratore delegato di Sybo Games, che ha co-realizzato il gioco insieme a Kiloo. Perché il gioco, semplicemente, funziona ancora bene.