Per mesi, o per anni, un gruppo di persone più o meno grande, a volte una sola persona, lavora a un videogioco. Eppure, sempre più di frequente capita che di questo videogioco non ne sapremo niente: non verrà mai pubblicato e nei casi più estremi non è mai stato annunciato.
Anche questo aspetto è uno dei tanti che connotano la più grande industria dell’intrattenimento per volume di affari: la regolare difficoltà a creare la sostanza stessa di ciò che è composta, vale a dire i videogiochi.
So che è un confronto che regge fino a un certo punto, ma ci tengo a portarlo avanti: è come se non si riuscisse a pubblicare un libro o a realizzare un film; non come situazione eccezionale, bensì come parte dello scricchiolante modus operandi del settore.
Oltre alla riduzione del personale, negli ultimi mesi abbiamo saputo di tante produzioni cancellate durante lo sviluppo: alcune già le conoscevamo (come Hyenas di SEGA/Creative Assembly o Battlefield Mobile di Electronic Arts/Industrial Toys) e altre no. E non le conosceremo mai.
Un rapporto pubblicato nei giorni scorsi da Superscale, intitolato “Good Games Don’t Die”, è esemplificativo.
È basato su più di 500 interviste effettuate a sviluppatori mobile negli Stati Uniti e nel Regno Unito (quindi va preso per una prospettiva parziale; perché curiosamente non sono stati considerati Paesi dove il mondo mobile è ancora più rilevante, come Cina, Giappone, India, Indonesia e Singapore).
“La nostra indagine mostra che l’83% dei videogiochi pubblicati muore nel giro di tre anni e il 43% viene ucciso durante lo sviluppo prima del lancio”, si legge.
Al di là dell’impatto produttivo – la valutazione del fallimento, cosa è andato storto, cosa no: domande le cui risposte possono essere utili – è l’impatto emotivo che non va sottovalutato, specialmente per i progetti individuali o portati avanti da piccoli gruppi.
“Delle persone intervistate, il 25% ha detto che cessare lo sviluppo del gioco le ha lasciate demotivate e creativamente non soddisfatte”, va avanti il rapporto.
Dedichi mesi, se non anni, a qualcosa, ma a un certo punto ti accorgi che non va più bene. Perché?
Le ragioni economiche e creative…
Le motivazioni per cui ciò accade sono molteplici. La prima la dico anche se è banalmente evidente: a un certo punto ci si accorge che realizzare un videogioco costa troppo.
Ciò può accadere per ragioni contestuali – si pensi all’aumento dei prezzi degli ultimi anni per…tutto più o meno – o perché il progetto si è allungato a causa di continui cambi di direzione creativa.
Un esempio lo abbiamo avuto di recente, quando Obbe Vermeij, direttore tecnico di Rockstar Games dal 1995 al 2009, ha raccontato i motivi per cui lo sviluppo di Agent è stato fermato. Agent è stato annunciato all’E3 2009: non se ne è saputo più niente e non è mai stato mostrato.
“Il gioco non stava procedendo come avevamo sperato”, ha ricordato Vermeij sul suo blog, i cui contenuti sono poi stati rimossi (su scelta dell’autore) ma dopo che ormai erano stati ripresi da vari siti, fra cui Rock, Paper, Shotgun.
Agent avrebbe dovuto essere una sorta di gioco d’azione simil-007, ambientato in varie parti del mondo e con una forte componente, perlomeno narrativa, di spionaggio.
“Abbiamo cercato di ridimensionare il gioco nel tentativo di portarci avanti il più possibile prima dell’arrivo dell’inevitabile telefonata [da Rockstar New York]”, ha proseguito Vermeij. “Abbiamo tolto un intero livello (penso al Cairo) e forse anche la sezione nello spazio”.
Fino a che è diventato chiaro che Agent stava diventando “una distrazione” per lo studio: “e così lo abbiamo chiuso”.
“Penso – ha aggiunto – che sia stato passato a qualche altra azienda all’interno di Rockstar, ma non è mai stato completato”.
Dall’esterno è evidente come tanti altri progetti stiano facendo fatica.
Penso a Beyond Good and Evil 2 (di cui non esiste niente di certo) e Skull & Bones di Ubisoft (che prima o poi uscirà) oppure Everwild di Rare.
Una situazione intricata la si può evincere, per esempio, dal tanto tempo trascorso fra l’annuncio e il momento in cui i videogiochi si sono rifatti vedere; o proprio a seguito di comunicazioni ufficiali che hanno confermato passaggi da uno studio a un altro o di rinvii a data da destinarsi – e nessuna delle due fattispecie, in genere, è un buon segno.
Come il rifacimento di Prince of Persia: Le sabbie del tempo, annunciato a settembre 2020, poi passato a Ubisoft Montreal a metà del 2022 e che solo adesso ha raggiunto un “importante traguardo interno”.
Oppure il nuovo videogioco della serie Metroid Prime. È stato annunciato a giugno 2017, lo sviluppo è ricominciato da capo nel 2019 passando da Bandai Namco a Retro Studios e da lì si sono perse le tracce.
Altro esempio. Supercell è la società finlandese dietro a successi mobile come Clash Royale, Boom Beach e Clash of Clans. Eppure, cancella tantissimi videogiochi.
“Abbiamo lanciato cinque giochi di successo, ma l’ultima volta che ho contato ne abbiamo fermati più di 30”, ha scritto lo scorso febbraio Ilkka Paananen, amministratore delegato della società. Significa che di media solo un videogioco su sette di quelli sviluppati da Supercell viene pubblicato.
Altre volte, invece, un videogioco fa così tanti giri su se stesso che qualunque forma avesse l’idea originale smette di avere senso.
Ricordo che un videogioco viene ideato in un certo contesto commerciale e temporale nella speranza che funzioni anche in uno spesso imprecisato contesto commerciale e temporale futuro: mica facile.
In altre parole, si perde di vista l’idea creativa oppure il progetto diventa troppo ingombrante oppure, più semplicemente, sbagliato: a quel punto, meglio rifare da zero perché ogni ulteriore investimento – economico, umano e temporale – finirebbe sprecato.
Sviluppi videogiochi e ti è capitato di dover decidere di bloccare tutto? Scrivi a mdimarco@insert-coin.online e raccontami la tua storia.
…e quelle personali
Ma esistono altre ragioni da considerare e che riguardano soprattutto gli studi più piccoli. Ossia quelle realtà dove ogni persona deve ricoprire diversi ruoli se si vuole portare a termine lo sviluppo: è per questo che quando qualcosa va storto, ciò può significare bloccare tutto.
È successo di recente a The Glory Society, studio fondato da alcune persone che avevano lavorato a Night in the Woods e che fino a poco tempo fa stava lavorando a Revenant Hill.
Due persone dello studio stanno affrontando problemi di salute e quindi si sono dovute allontanare: una defezione irrimediabile per un gruppo così piccolo, che infatti ha deciso di bloccare lo sviluppo del videogioco.
“Siamo un piccolo studio e ognuno di noi si occupa di diverse cose”, si legge nella nota diffusa sui social network. “Questa è una perdita che riguarda molti ruoli diversi fra di loro in un ambiente dove tutti questi ruoli sono necessari. Considerate le situazioni che riguardano la programmazione, il budget e il fardello di rielaborare l’intero progetto tenendo conto di questi parametri, il gruppo ha deciso amichevolmente di sospendere le operazioni”.
E queste sono le situazioni di cui siamo venuti a conoscenza: posso solo immaginare quanti altri progetti non conosceremo mai perché sono successe “cose” durante lo sviluppo.