Il tax credit sale a 16 milioni di euro

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Chiamiamo le persone che spendono tanto nei videogiochi “balene”. Un termine che abbiamo ereditato dal gioco d’azzardo.

Già il fatto che usiamo un termine relativo al gioco d’azzardo per descrivere il rapporto fra le persone e alcuni videogiochi è problematico: perché le parole che usiamo danno una misura e un peso specifico del problema. E non a caso abbiamo scelto di usare una parola usata dai casinò per descrivere quelle persone che spendono tanti, tanti soldi, misurabili in centinaia di migliaia di dollari o anche milioni di dollari a ogni occasione.

Nel casinò il banco vince sempre e viene considerato un luogo dove le persone perdono soldi se non per pochi fortunati. E nei videogiochi?

Un lato del videogioco che come comunità non vogliamo affrontare e che viene rigettato quando emerge uno studio che prova a verificare perlomeno una correlazione o un nuovo caso di persone che hanno speso tanto in un solo videogioco.

Ci diciamo che non è un problema sistemico di alcune dinamiche, ma è un qualcosa che riguarda alcune persone: non c’è niente da vedere, circolare.

Di per sé non è un problema lo spendere tanto in un videogiochi: lo diventa, semmai, se analizziamo i perché o se le persone possono avere controllo su quanto stanno spendendo e sull’impulso dello spendere.

Molti sistemi dei videogiochi sono figli dei sistemi del gioco d’azzardo e fanno leva sulle stesse dinamiche psicologiche; e allo stesso modo possono portare a problemi di spesa eccessiva o di dipendenza. Molti videogiochi simulano persino la stessa azione di tirare una leva per avere contenuti nuovi.

In un articolo pubblicato su Kotaku, una delle più note testate specializzate a livello internazionale, Sisi Jiang ha descritto le tante persone che spendono migliaia di dollari, anche decine di migliaia di dollari in Genshin Impact. Genshin Impact è uno dei più recenti fenomeni del mondo mobile. Secondo le stime, ha ricavato oltre 3,7 miliardi di dollari in due anni.

Tale guadagno arriva nonostante il gioco sia gratis e possa essere pienamente giocato senza spendere mai nemmeno un centesimo.

Molte persone però si affezionano a un dato personaggio, ce ne sono molti in Genshin Impact, e decidono quindi di “maxarlo”: cioè di potenziare le sue abilità e il suo equipaggiamento. Per farlo, il gioco usa un sistema a estrazioni: come se ogni volta che tirassimo la leva di una slot machine, potessimo trovare un nuovo personaggio. Il sistema è più organizzato di così, ho dovuto semplificare, ma il punto è: acquistando la valuta virtuale del gioco ci sono più probabilità di ottenere ciò che si sta cercando ed è così che molte persone arrivano a spendere migliaia di dollari.

“Ma con l’eccezione dei creatori di contenuti, le balene sono perlopiù è un gruppo invisibile”, ha scritto Jiang. “Affrontano uno stigma sociale sia dalle persone che incontrano quotidianamente sia dalla comunità di Genshin [Impact]. Mentre intervistavamo alcune di queste persone che hanno speso migliaia di dollari nel gioco, ci siamo preoccupati dei giocatori meno benestanti che si vergognano troppo per dirlo alle loro famiglie. A chi si rivolgeranno se inizieranno a spendere più di quanto possono permettersi?”

“La risposta dovrebbe essere ‘a tutti noi’. Spendere così tanto dovrebbe essere un’attività di cui i giocatori possono discutere apertamente senza il timore di essere ostracizzati dalle loro comunità o di doversene vergognare. Molti altospendenti hanno trovato reti di supporto sociale all’interno della vasta base di giocatori di Genshin [Impact], ma l’empatia e il supporto dovrebbe essere a portata di tutti. Anche di quelli che spendono 5.000 dollari per i personaggi anime”.

Massimiliano


Se volessimo dare una misura della distanza che separa l’Italia dei videogiochi, perlomeno quella che i videogiochi li produce, da Paesi vicini come la Francia, che in Europa è un punto di riferimento, ecco, quella misura sarebbero 23 anni.

Perché proprio 23 anni?

Perché nel 1998 la Francia ha introdotto una misura per supportare la produzione di videogiochi nel Paese: il tax credit. Una misura popolare, che in Italia da tempo viene usata per il cinema e che serve a garantire un credito fiscale alle aziende; insomma, per abbassare le spese associate alla produzione e attirare anche investimenti internazionali.

In Italia il tax credit per i videogiochi è stato introdotto nel 2016 con la Legge Cinema, ma ci sono voluti cinque anni prima di avere il decreto attuativo che stabilisse i criteri operativi.

La nota positiva è che nel 2022 la dotazione decisa dal ministero della Cultura è stata triplicata: se nel 2021 erano stati previsti 5 milioni, nel 2022 sono stati stanziati 16 milioni.

Per altro, cinque milioni di euro in più rispetto agli 11 milioni di euro che ci si aspettava, mi ha detto al telefono Thalita Malagò, direttrice generale di Italian Interactive Digital Entertainment Association (IIDEA), che in Italia rappresenta editori, sviluppatori e organizzazioni di esport.

“Sarebbero dovuti essere 11 milioni, ma con il decreto con cui è stata aperta la sessione 2022 sono passati a 16 milioni”, ricorda Malagò. “Anche per noi è stata una sorpresa che vogliamo leggere come un segnale di interesse per il settore”.

Malagò aggiunge che 16 milioni di euro sono “una bella cifra” e che “sono un importo che potenzialmente è in grado di attirare investimenti in produzioni di videogiochi di 64 milioni di euro. È una notizia splendida e va bene così”.

Nel 2021 sono stati erogati 2,1 milioni di euro, una media di 99 mila euro per le produzioni che hanno superato i requisiti che vengono considerati dalla commissione appositamente creata.