Come viene localizzato un videogioco in italiano: l’intervista a Fabio Bortolotti

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

L’intervista di oggi è a Fabio Bortolotti, che si è occupato della localizzazione italiana di giochi come Far Cry 3, Thimbleweed Park, Neo Cab e Chicory: A Colorful Tale. Lo potete trovare su Livello Segreto, istanza di Mastodon recentemente aperta, e Instagram.

Massimiliano: Cosa prevede il processo che precede la localizzazione? Come viene deciso come farla e che figure vengono coinvolte?

Fabio Bortolotti: Non c’è una risposta unica.

Il mondo dello sviluppo di videogiochi è così variegato che questa domanda può avere tante risposte diverse. Puoi avere uno studio grande che vuole fare un gioco tripla A e che per forza dovrà essere tradotto in tante lingue e che ha un volume di parole molto grande, anche un milione di parole, che sono mesi di lavoro.

In questi casi, serve una figura nello studio di partenza che gestisca la localizzazione e coordini chi poi, a sua volta, gestisce la localizzazione nei vari territori; quindi, c’è un trenino enorme: la persone che coordina; la persona che fa da interfaccia fra chi coordina e lo studio di sviluppo in modo che lo studio produca gli asset, i materiali con il ritmo giusto e in maniera lavorabile. Vuol dire che al copione con la trama di un gioco, se non lo ha scritto chi la storia l’ha sceneggiata e devi farlo tradurre a una persona in Italia, vanno aggiunti dei riferimenti.

Poi, vengono contattate delle aziende che si occupano di localizzare una o più lingue, che a quel punto, parlando di un gioco tripla A, traducono il gioco man mano che viene fatto. Un gioco come Assassin’s Creed ha un milione e mezzo di parole: se iniziassi a tradurlo quando è finito, la traduzione uscirebbe due anni dopo l’uscita del gioco. Progetti così grandi sono complicati perché vengono tradotti mentre il gioco è in sviluppo e quindi ci vuole un grande sforzo di coordinazione.

A quel punto, ci sono tutta una serie di figure. Facciamo che abbiamo superato la fase che l’azienda, con il suo coordinatore o la sua coordinatrice, contatta l’agenzia che si occupa della traduzione italiana. C’è una persona che gestisce il progetto, che assembla un team di traduttori, e c’è un team di rilettura. Immaginiamo che un cliente manda 50 mila parole di una parte di copione. Il project manager lo manda al traduttore e concorda una scadenza, anche con chi rileggerà tutto.

A seconda del gioco, può esserci un ulteriore livello di complessità: se sono voci di menu, finisce lì; se sono scene di parlato o di intermezzo importanti per la trama, si aggiunte l’elemento di complessità del doppiaggio. Significa che il traduttore deve tradurre sapendo che la frase verrà doppiata e quindi dovrà prendere degli accorgimenti; e per prendere tali accorgimenti dovrà essere messo in condizione di farlo dal project manager.

Come nei film, c’è chi si occupa di adattare il labiale. Ci sono fonici, foniche, figure di direzione del doppiaggio, di coordinazione logistica.

Poi c’è anche il fronte del marketing. La traduzione si occupa anche di quello e se stiamo parlando di giochi tripla A, c’è anche un piano di comunicazione. Questo è l’iter per un gioco tripla A.

L’altra variante sono i giochi indie. Alcuni magari sono grandi, ma nella maggior parte non hanno milioni di parole dei giochi tripla A; quindi, capita più spesso che venga fatto e poi venga localizzato. Nell’ambito indie funziona tutto in maniera più semplice: lo studio si rivolge a un’agenzia più piccola o a singoli professionisti.

È anche più frequente che nei giochi più piccoli ulteriori lingue vengano aggiunte dopo.

Sì, perché hanno un ciclo di vita diverso.

C’è da dire, però, che questi processi sono costosi. Ti ho descritto dei casi in cui tutto funziona bene. Mi è capitato di lavorare su giochi giapponesi che erano in condizioni pessime perché mancava una figura di coordinazione fra lo studio e chi si occupava della traduzione.

Quanto tempo prima del gioco ricevete il materiale? Nel materiale oltre al testo avete il gioco davanti?

Il gioco in quel momento non esiste. Io per esempio ho lavorato a Far Cry 3. Tradurre Far Cry 3 è stato un anno e mezzo di lavoro, non costante. Abbiamo iniziato a tradurlo prima che il gioco venisse annunciato.

Immagina che tu inizi a fare il gioco e appena lo sviluppo ha raggiunto quella fase, la luce verde, per cui si dice “ok, questo progetto si fa”, parta la macchina della localizzazione; quindi, noi iniziamo a tradurre i giochi prima che vengano annunciati. Inoltre, non manderebbero mai un gioco intero perché ci sarebbero tanti rischi di riservatezza; ma non potrebbero farlo perché il gioco è una pre-alpha con un sacco di bug.

Poi ci sono differenze fra studio e studio. Chi lavora bene ti dà accesso ai materiali e alle presentazioni che hanno usato anche loro; quindi, le schede di personaggi, le trame, in molti casi capita anche che tu vada direttamente nello studio a dare un’occhiata al gioco o che ti organizzino dei workshop online per farti vedere tutto quello che c’è da vedere.

Lavoriamo sui testi commentati. Più uno studio lavora bene e più io ho dei dati su ogni stringa su cui devo lavorare. Più un gioco è fatto bene e più hai informazioni di chi sta parlando e con chi; il tono; in alcuni casi, per alcuni lavori fatti bene, delle celle sono commentate, ma è molto raro.

L’inglese è una lingua bella e semplice, perché non ha un sacco di problemi che invece abbiamo nelle lingue romanze; quindi se non c’è una figura che organizza la traduzione, chi sviluppa il gioco non pensa alla localizzazione.

Io nel 90% dei casi traduco senza vedere il gioco. In alcuni casi ho degli screenshot. In altri non hai niente, ma hai un canale aperto con gli sviluppatori e in cui puoi fare una domanda.

Un classico degli errori è quando i personaggi chiedono, passando davanti a una scacchiera, “ma la sai suonare?” perché in originale era “can you play it?”; magari è una svista di chi ha tradotto, magari non c’era alcun commento e anche chiedendo “in quel caso, ‘it’ cos’è?” lo sviluppatore non ha risposto.

Più un lavoro è impostato bene e più tu hai delle informazioni che ti vengono date in partenza e sulla base delle tue esigenze.

Riesci a darmi una forbice dei costi? E quali sono i criteri che pesano di più?

Non riesco a darti una forbice. La cosa che ti posso dire è che a costare di più è il doppiaggio. Gli attori costano come il fuoco, ma ci sono tanti costi perché paghi il fonico, lo studio di registrazione. E gli studi non sono infiniti: visto che i giochi vengono fatti per la maggior parte in estate, gli studi li paghi tanto.

Più c’è parlato e più tale parlato è copioso e con alti standard, un conto sono le frasi non inquadrate e un conto sono le scene di intermezzo con il primo piano e il labiale, e più costa. E quei costi possono facilmente scappare di mano.

Chi si occupa della localizzazione è anche chi organizza il doppiaggio?

Nella maggior parte dei casi sì.

Spesso il discorso localizzazione viene affiancato a quello delle vendite. Secondo te c’è una correlazione, soprattutto per quelle produzioni che non hanno una grande campagna di marketing? Mi vengono in mente Neo Cab o Chicory, giochi alla cui traduzione hai lavorato. In questi casi l’inclusione dell’italiano incide per avere qualche vendita in più?

È una domanda a cui non ti so rispondere anche volendo. Cambia da caso in caso e da come fai la comunicazione di un progetto, dalla tipologia del progetto e da qual è il tuo pubblico potenziale.

Se non hai un piano di marketing per il quale riuscirai a promuovere in determinati territori il tuo gioco, probabilmente il lavoro di localizzazione va buttato. Se lo fai bene, il lavoro di localizzazione diventa una risorsa.

Dobbiamo anche distinguere fra un gioco come Kirby dove non fa differenza la lingua perché in tutto avrà trecento parole e un gioco di ruolo o narrativo, che molte persone lo vogliono in italiano, ma è anche più costoso farlo.

Ovviamente più un prodotto è localizzato e più è accessibile; più è accessibile e più persone raggiungerà e sarà preservabile. Sono valutazioni di marketing, sono numeri e sarei pronto a scommettere che questi numeri cambiano notevolmente a seconda di quali tipologie di giochi, publisher, mercati e momenti storici sono in ballo.

Ora ti pongo tre domande che mi sono state poste da chi legge la newsletter. La prima: ti è mai venuto il sospetto che lo schwa (ə) possa spostare la questione sulla forma della parola distogliendola dall’eventuale problema di inclusione dietro alla parola?

No. Innanzitutto, per me lo schwa è un modo per parlare a più persone; quindi, che sia una soluzione perfetta o meno io so che ci sono tantissime persone che sono state completamente escluse dall’essere rappresentate o anche solo essere calcolate dai giochi. Per me, usare lo schwa è il segnale di una lingua più inclusiva.

Lo schwa e l’asterisco sono una incarnazione linguistica di una tematica che sta cambiando nel sentire e nel sentimento della società. Non mi piacciono i discorsi “ah, sposti il problema e litighiamo sullo schwa invece dei problemi seri”.

I problemi seri sono i diritti delle donne, delle persone trans, della loro sicurezza: i problemi sono quelli. Non è che se sto cercando di trovare un modo di raccontare con la lingua l’esistenza di determinate tematiche, allora non me ne sto occupando.

La lingua è la cosa più importante che abbiamo: è la rappresentazione della società ed è importante che la lingua si muova. Non solo per creare una lingua più accogliente e inclusiva, ma anche perché sono sicuro che da quando è arrivato lo schwa c’è un sacco di gente che non sapeva cosa fossero le tematiche di genere, perché non venivano affrontate, e ora lo sa.

Lo schwa esiste e viene usato. Ci sono tante comunità e luoghi online dove viene usato, come il mio canale Twitch dove uso il neutro perché non so se dietro al nome c’è un maschio, una femmina o una persona non binaria. La lingua riflette i sentimenti e le problematiche di chi le usa. Lo schwa non potrà mai spostare l’attenzione perché esiste e in questo momento è uno dei registri della lingua.

Quando tu parli con me, parli in un modo. Se ti presentassi mia nonna, lo cambieresti.

Io a mia suocera continuo a dare del lei.

È un registro diverso, di cortesia, onorifico. E i registri convivono da sempre. Ci sono luoghi in cui parli sguaiato; altri in cui parli forbito; altri in cui anzi del tu dai del lei e altri in cui invece di tutti ci sono tuttə.

Per sua natura l’adattamento può essere considerato una modifica dell’opera originale. In alcuni casi ti sei sentito costretto a tradire l’originale per le finalità della localizzazione?

Tradurre è tradire, sempre.

La risposta non ce l’hai quando traduci. Hai una sfumatura infinita di soluzioni, che vanno dall’aderenza completa alla lingua e al testo di origine fino alla libertà creativa. Ci sono tantissime soluzioni sbagliate e poche giuste: l’aderenza eccessiva finisce per essere un errore. Se ti dico “andrò a mentire” (I’m going to lie), è sbagliato.

Un buon esempio è “catch two birds with one stone”: se lo traduco con “ho preso due piccioni con una pietra sola”, sbaglio. Ma questi sono esempi macroscopici.

Ci sono poi delle differenze. Se stai facendo solo i sottotitoli e quindi in sottofondo ci sarà l’audio originale, qualcuno potrebbe capirlo e quindi devi fare dei sottotitoli più aderenti possibili. Se invece c’è del doppiaggio, ci sono dei casi in cui tradure con gusto è importante; dei casi in cui una battuta fa un riferimento che non funziona in italiano.

Per esempio, ho tradotto Thimbleweed Park e a un certo punto fanno un quiz sulle pubblicità degli anni 80. Se io ti parlo della signora di “Where’s the beef”, magari non sai che era una pubblicità inglese in cui una vecchina andava a comprare il panino da Wendy’s. Per loro è una pubblicità iconica, ma per noi non vuol dire niente; perciò ho parlato di tagliare il tonno con un grissino.

Ci sono dei casi in cui devi valutare che valore ha la resa; che valore ha il messaggio e che valore ha l’aderenza; che tipo di libertà hai; qual è il task che ti è stato dato.

Nessuno ti giudica in base all’aderenza alla grammatica, ma in base a quanto la traduzione è bella; e una traduzione è bella quando, secondo me, è fedele alla visione dell’opera. E questo può voler dire essere estremamente precisi e a volte prendersi delle libertà.

Quale discriminante c’è dietro alla scelta di doppiare o non doppiare un gioco e preferire i sottotitoli?

Il costo, semplicemente. Ci sono milioni di euro di differenza. Sono valutazioni di budget, marketing e business plan.