Un articolo scritto da Mac Schwerin sull’edizione internazionale di Wired mi ha fatto riflettere molto. Nell’articolo, l’autore parla dei tutorial, quelle sessioni iniziali del gioco in cui viene spiegato a cosa servono i vari tasti: come si salta, cosa si deve fare per spingere una cassa o per parlare con un altro personaggio.
In tali sessioni, che spesso sono presenti anche in momenti più avanzati dell’esperienza, il gioco sta fornendo un manuale di istruzioni per comprendere le dinamiche di un mondo che può esserci alieno. In un certo senso, in quel momento, il gioco ci sta regalando il dizionario per comprendere la sua lingua: i tutorial servono a comprendere cosa quel mondo vuole dirci e come fare per tradurlo in una lingua che invece noi conosciamo.
Esattamente come i gesti delle mani, per esempio, hanno significati differenti in varie parti del mondo, anche ogni videogioco ha un suo linguaggio: e lo spiega per mezzo dei tutorial.
Un esempio di quanto i tutorial servano a far sì che il giocatore si senta parte del mondo del videogioco lo ha fornito Patrice Desilets, fonte creativa di Assassin’s Creed. Nel primo Assassin’s Creed, il protagonista deve rivivere i ricordi di un assassino ai tempi delle Crociate e che è anche un suo antenato; le capacità di quell’assassino, quindi, sono parte del codice genetico del protagonista. All’inizio, però, il protagonista deve apprendere come arrampicarsi e saltare come se fosse un uomo qualsiasi.
“Come insegno a un maestro assassino a essere un assassino? Dovrebbe già saperlo” ha detto Desilets. Ecco perché nel secondo Assassin’s Creed Ezio Auditore, assassino dei tempi del Rinascimento italiano, segue grosso modo lo stesso percorso del protagonista moderno: all’inizio del gioco è un pischello qualunque; non è ancora un temibile e abile assassino e ha ancora tutto da imparare. In quel contesto, perciò, il tutorial è funzionale a creare una connessione sia tra i due protagonisti sia tra l’utente, il mondo di gioco e la sua storia.
Parlando di tutorial, inoltre, è impossibile non toccare l’argomento dell’accessibilità.
I videogiochi sono ancora poco naturali per chi non li ha mai esperiti. Chi gioca ai videogiochi da tempo si aspetta di poter sparare con il tasto dorsale destro (nei giochi dov’è possibile farlo) e di saltare con X/A (sto usando come riferimento un controller). Tale dinamica è tutt’altro che scontata per chiunque altro: dai in mano un controller a una persona che non ha mai giocato ai videogiochi o che ne ha giocati pochi e capirai benissimo cosa intendo dirti.
In alcuni casi, il mondo dei videogiochi è diventato un po’ più accessibile, a discapito, però, delle meccaniche di gioco. La console di Nintendo Wii è un esempio classico. Per colpire la palla da tennis devo spostare il braccio in avanti come se stessi impugnando una racchetta: chiunque può relazionarsi con tale immagine anche se non ha mai giocato a tennis o a ping pong.
Il mondo mobile è un altro esempio in cui in molti casi i comandi, vincolati allo schermo touch, hanno reso più facile giocare, anche a costo di limitare le dinamiche ludiche. È anche per questo che il mondo mobile, negli anni, è diventato così rilevante: giocare a Fruit Ninja era molto più semplice e intuitivo di giocare a Super Mario o a FIFA.
Infine, bisogna considerare quanto i tutorial siano fondamentali per non abbattere quel senso di coinvolgimento che l’utente deve provare per dare vita a quel mondo di gioco: un mondo di gioco che – salvo rari casi come gli MMO – non può andare avanti senza l’interazione dell’utente. Se l’utente tenta di fare una mossa, ma non riesce perché non ricorda i comandi oppure il tasto correlato non è lo stesso di quello del gioco precedente, ecco che crolla il castello di carte: si rompe l’illusione di non essere sul divano del salotto ma in un altro mondo.
Allo stesso modo l’utente deve essere accompagnato abbastanza perché sappia come giocare (al di là della difficoltà dell’esperienza) e quindi vada avanti senza spezzare l’illusione, ma non così tanto da far percepire che il gioco stia aiutando l’utente.
Sviluppare i tutorial, insomma, è un gran casino.