Tendiamo a parlare del mondo dei videogiochi come se fosse un unico grosso agglomerato, di cui è complesso scindere le singole parti. Lo analizziamo come se fosse una grande macchina che lavora in maniera lineare; come se non fosse – come invece è – un insieme di tante cose, che hanno una base molto simile, ma poi vanno in direzioni molto diverse.
Di conseguenza, nel cercare di semplificare il racconto attorno al videogioco (e anche raggiungere il maggior numero possibile di persone) spesso si sovrappongono vari livelli del discorso come se questi valessero tanto per le produzioni ad alto budget quanto per i videogiochi live service o per quelli che possono essere definiti videogiochi-piattaforme (i Minecraft e i Fortnite, per dire: luoghi virtuali dove si costruiscono cose, si comprano cose, si socializza e talvolta nemmeno si gioca).
La realtà è molto più stratificata e quindi anche molto più complicata da gestire quando la si deve raccontare o, anzi, spiegare. Perché ogni sottoinsieme di videogiochi ha connotazioni proprie e, per esempio, raccontare Roblox non è come raccontare Sea of Thieves; parlare delle implicazioni e della popolarità di Minecraft non significa, allo stesso tempo, riuscire a intercettare le stesse connotazioni che invece ci raccontano di serie come FIFA o God of War.
Nel fare informazione sui videogiochi si dovrebbe riuscire a distinguere le varie categorie in modo tale da dare a ciascuna di esse la doverosa dignità; ma anche poterle effettivamente approfondire così da analizzare e raccontare cosa accade, per esempio, attorno ai videogiochi mobile senza partire dalla prospettiva dei videogiochi console; o senza parlare di Fortnite miscelando nozioni e approcci che invece riguardano i videogiochi a mondo aperto a giocatore singolo.
Fra le sfide che l’informazione sui videogiochi deve affrontare c’è anche questa: riuscire a parlare di ogni categoria di videogiochi in modo corretto e puntuale, senza rischiare di fare confusione e di trattare l’industria come se fosse un unico grande meccanismo. È più difficile, ma bisogna provarci.