Un approfondito resoconto di Kotaku su Undead Labs, che ha intervistato dodici persone che ci lavorano tuttora e ci hanno lavorato in passato, sembra già una storia vecchia. Perché riprende le stesse dinamiche raccontate da People Make Games su Mountains, Fullbright e Funomena; su Activision Blizzard King; su Riot Games; su Sony e tante altre aziende che operano nel settore.
Undead Labs sta realizzando State of Decay 3 e dal 2018 fa parte degli Xbox Game Studios di Microsoft.
Alcuni tristi somiglianze sono stordenti. “Ciò che è accaduto su base quotidiana in Undead Labs era la versione a basso profilo di una morte per migliaia di taglietti” ha detto una persona a Kotaku. Un’espressione quasi uguale è stata usata nelle interviste rilasciata a GamesBeat da chi lavora in Moon Studio.
Il resoconto di Kotaku è amaro e contemporaneamente familiare. Uno studio indipendente ambisce a creare un videogioco enorme e poi abbassale mire per portare un prodotto sul mercato (in questo caso il primo State of Decay). Man mano che lo studio cresce e ci lavorano dozzine di persone iniziano i casi di discriminazione di genere, i commenti sessisti; le donne e le persone non binarie vengono lasciate indietro, i loro pareri non adeguatamente considerati e le riunioni sono fondamentalmente malsane, al punto che tante persone iniziano persino a temere di partecipare, a quelle riunioni.
Il problema: ora Undead Labs è parte degli Xbox Game Studios. E Microsoft sta affrontando il percorso di acquisizione di Activision Blizzard King, che ha comprato dopo che le sue azioni sono calate a cause delle denunce di sessismo e di un ambiente aziendale discriminatorio.
In risposta a Kotaku, Microsoft ha fornito alcuni numeri per dimostrare che, da quando ha acquisito Undead Labs, ha investito nell’inclusività: il 32% del personale è donna e il 20% non è bianco, cifre quasi raddoppiate rispetto a prima dell’acquisizione.
In tal modo – e in un modo molto aziendale – si sposta il focus: assumere le persone non significa presentare loro un ambiente idoneo; ma tali persone restano perché devono lavorare – perché vogliono lavorare – anche quando devono masticare un boccone amarissimo ogni giorno.
“Se nessuno viene ritenuto responsabile, niente cambia” ha commentato una persona a Kotaku.