I videogiochi fisici resistono più di quanto si pensi

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

Nei giorni scorsi, un dato ha fatto parlare di sé. Non tanto per il dato, quanto per la forza con cui rappresenta un fenomeno che da tempo sta avvenendo e sta trasformando il rapporto fra le persone e i videogiochi: sto parlando del digitale.

La britannica Digital Entertainment and Retail Association (ERA) – cioè “l’organizzazione fondata specificamente per agire come forum per i settori retail e all’ingrosso fisico e digitale per la musica, il video e i videogiochi” – ha comunicato che di tutti i videogiochi venduti nel Regno Unito nel 2022 l’89,5% erano in formato digitale. Un dato molto, molto alto: perché significa che il formato fisico non è una semplice minoranza, ma è praticamente quasi sparito.

Come al solito, però, i dati vanno presi un po’ con le pinze: perché c’è sempre qualcos’altro da analizzare.

La situazione nel Regno Unito

Intanto, ampliamo quanto comunicato dalla ERA. Per esempio, il 30% dei giochi venduti erano applicazioni mobile, ovverosia su dispositivi dove non esiste alternativa: su mobile o scarichi in digitale o…be’, non giochi.

Se è vero che i giochi fisici sono valsi 488 milioni di sterline, appunto il 10% circa di quanto ricavato dalle vendite di videogiochi nel Regno Unito lo scorso anno, i download su console sono poco di più: 724,7 milioni di sterline. Il resto sono giochi per mobile e tablet (1,48 miliardi di sterline) e poi una generica “altro digitale” (che credo possa includere i giochi per PC, per esempio) che è valsa 1,7 miliardi di sterline.

Già questi dati ci dicono una cosa interessante: mentre il PC è una piattaforma prevalentemente digitale (da questo punto di vista è paragonabile al mobile, che è solo digitale per ovvie ragioni), le console tengono banco. In altre parole: su console, la questione è un po’ diversa.

Sebbene il rapporto penda sempre di più verso i giochi in formato digitale, c’è una quota notevole di videogiochi per console che viene ancora venduta in formato fisico.

Sul fronte britannico, un ultimo appunto. Il Regno Unito è un mercato dove GAME è la principale catena. Una catena che è stata acquisita da un’azienda che vende capi di abbigliamento sportivo, cioè Sports Direct, e che ha deciso di chiudere tanti punti vendita GAME e di inserire gli scaffali dei prodotti sui videogiochi nei negozi di abbigliamento.

Le tante sfaccettature di questa situazione sono state raccolte in un articolo su Forbes scritto da Matt Gardner: ti consiglio di leggerlo se vuoi una breve storia.

Il succo è: in Regno Unito comprare giochi fisici è stato a lungo sconsigliabile, in virtù delle pessime politiche di GAME, e oggi è proprio difficile per via delle decisioni del nuovo proprietario di GAME. Insomma: il Regno Unito sta vivendo una situazione tutta sua.

E nel resto d’Europa?

Uno scenario variegato

I dati diffusi nei giorni scorsi da GSD, che traccia le vendite fisiche e digitali dei videogiochi in Europa, hanno rivelato che nel 2022 il 64% dei videogiochi venduti in entrambi i formati (quindi esclusi i videogiochi usciti solo in digitale) era digitale. La percentuale è leggermente più bassa rispetto al 2021, quando i giochi venduti in digitale rappresentavano il 65%.

(N.B.: I dati di GSD hanno delle lacune. Per esempio, non includono le vendite dei giochi in digitale di Nintendo – perché Nintendo non condivide quei dati – e neanche i dati dei videogiochi indipendenti. Peraltro, non so come GSD definisca un gioco indipendente, immagino senza un editore. Insomma: ci sono i maggiori Paesi europei, ci sono quasi tutti i grandi editori, ma, ecco, non è la Bibbia.)

Se però andiamo a valutare i singoli Paesi, ecco che vediamo una situazione altalenante. Anche qui: i dati sono presentati in modo diverso. La tedesca GAME è quella più completa – e come vedremo rivela anche considerazioni molto interessanti per valutare la questione – mentre altre, come l’italiana IIDEA, mischiano un po’ le informazioni e non vanno nel dettaglio.

Riassumendo:

  • In Italia nel 2021 (non ci sono ancora i dati del 2022) i giochi fisici sono stati il 14,9% di tutto il software venduto. Escludendo il mobile (dove, ripeto, non esiste alternativa), parliamo del 25% di tutti i videogiochi venduti su PC e console. Nel 2018 erano il 25% del software e il 38% dei giochi venduti su PC e console;
  • in Francia, il 18% dei ricavi generati dal software nel 2021 è derivato dal formato pacchettizzato. Nel 2017 era il 31%. I giochi in formato fisico sono stati il 36% di tutti quelli venduti su console (e solo il 2% su PC);

  • in Germania, il 59% dei giochi venduti nel 2021 era in formato digitale. La percentuale, però, sale al 93% se si guarda solo al PC e scende al 36% se si guarda solo alle console. Ribaltando la percentuale, significa che nel 2021 in Germania più di 6 giochi su 10 venduti su console erano fisici.

Proprio l’indagine dell’organizzazione tedesca rivela un particolare interessante.

(Altra premessa. Si parla del mercato tedesco – e quindi non è il caso di generalizzare più di tanto – ma in assenza di informazioni paragonabili per il mercato italiano o, più in generale, quello europeo, prendiamo questa informazione per quello che è: un’informazione in più, che amplia il discorso e ci permette di fare qualche altra riflessione.)

Nel suo rapporto, GAME ha evidenziato che “approssimativamente 8 giochi su 10 con un prezzo massimo di 30 euro sono stati acquistati come download. Per i titoli a prezzo più alto viene preferito l’acquisto in formato fisico: i giocatori acquistano il 68% di tutti i giochi che costano più di 30 euro su supporto fisico dai negozi online o dai punti vendita”.

Si tratta di una considerazione, secondo me, molto interessante: perché sposta il discorso dalla comodità di acquisto – un download da casa – a cosa stai comprando e a quale prezzo. E questa considerazione può prendere due strade.

La prima: quando c’è da pagare di più, molte persone preferiscono avere in mano un oggetto, anche se tale oggetto spesso è un foglio con dentro il codice per il download oppure prevede di scaricare 150 GB di file prima di poter giocare.

La seconda: il download vive della scontistica che viene aggressivamente applicata sia su console sia su PC; quindi, il prezzo medio di vendita scende rispetto allo stesso gioco in formato fisico.

Inoltre, solo in formato fisico ci sono le edizioni “limitate”, che offrono tanti contenuti in più come cartoline, statuette, mappe, magliette e altro ancora. Sono edizioni che costano di più e anche questo potrebbe spiegare la statistica raccolta da GAME.

L’edizione da collezione di Return to Monkey Island.

Un mercato miliardario

Tutto questo ragionamento non è per screditare l’idea che il digitale stia prendendo il sopravvento. Assolutamente no: è innegabile che lo sia.

Oggi in Europa due terzi dei giochi venduti sono digitali e il mercato è talmente spostato verso il digitale che Sony e Microsoft hanno potuto immettere sul mercato una versione priva del lettore ottico delle loro console di punta.

Oppure, basta entrare in un qualunque GameStop per notare quanto spazio negli anni sia stato preso dai prodotti che ruotano attorno al videogioco e alla sua cultura: pupazzetti, libri, cuffie, tastiere. Persino offerte per la telefonia e droni convivono a fianco dei videogiochi pacchettizzati e proprio per bilanciare la minore rilevanza di intermediari come GameStop nella vendita dei videogiochi nel mercato odierno.

Però mentre su PC e mobile l’abitudine all’acquisto digitale è ampiamente consolidata (o forzata, in caso degli smartphone e dei tablet), su console la situazione è un po’ più sfumata. Anche per altri motivi: spesso le console sono gli ultimi baluardi del formato fisico in un ambiente domestico. Per esempio, al di là dei videogiochi, da anni vengono usate come lettore Blu-ray e DVD al posto di un dispositivo dedicato.

In altre parole: il formato fisico rappresenta ancora una componente dell’identità delle console.

Va infine considerato che un 15-20% di oggi non equivale a un 15-20% di anni fa: perché, nel frattempo, il mercato si è allargato. Perciò, ci sono casi in cui una percentuale più bassa ha valori molti simili a quote di mercato più alte degli anni precedenti.

Usiamo proprio l’Italia come esempio: nel 2017 i videogiochi fisici, che erano il 35% del software venduto, valevano 370 milioni di euro; nel 2021, i videogiochi fisici sono valsi 284 milioni di euro, pur con una quota di mercato più che dimezzata.

In generale, oggi i videogiochi fisici rappresentano ancora un giro d’affari importante. In Francia nel 2021 i videogiochi fisici su PC e console sono valsi 605 milioni di euro e in Germania oltre 436 milioni di euro; quindi, parliamo di un giro d’affari mondiale annuale misurabile in miliardi di euro: tutt’altro che irrilevante.

Certo, ogni anno che passa è sempre meno rilevante sia come quantità di giochi venduti sia come volume d’affari. Ed è anche sempre meno rappresentativo della direzione in cui sta andando il mercato dei videogiochi. Ma è ancora presto per dare il supporto fisico per estinto, tutto sommato.