“Ho scaricato un gioco su PlayStation”, ho detto alla mia compagna l’altra sera. “Probabilmente è il tipo di gioco che possiamo giocare insieme”.
“Cos’è?”, mi ha chiesto.
“Immagina Tetris, però funziona al contrario e possiamo metterci i bastoni fra le ruote”, le ho risposto. “Secondo me ci divertiamo”. Il gioco è Tricky Towers: questo.
Il suo sguardo era scettico: non aveva capito.
“Vabbè, senti: vieni di là e giochiamo”.
Così abbiamo giocato mezz’ora prima di cena e poi lei, da sola, un’oretta dopo cena, mentre io sbrigavo alcune cose. Lo sta facendo anche adesso, mentre scrivo.
Spesso si parla di iniziative come l’arrivo di Xbox Cloud Gaming su TV Samsung come il modo per abbracciare nuove persone; per riuscire ad allargare il pubblico di chi gioca proponendo nuovi modi, più accessibili o meno vincolanti, di fruizione.
Mi metto, però, nei panni di una persona che accende il TV Samsung e vede quest’applicazione Xbox. “Ho sentito parlare di Xbox: sono videogiochi. Vediamo”. E a quel punto si trova di fronte a una sfilza di copertine. Copertine che, però, non sono quelle dei film e delle serie TV che si possono trovare sui servizi di streaming e da cui, più o meno, si sa cosa aspettarsi: sono film e serie TV; prodotti che si distinguono per recitazione, sceneggiatura, fotografia, ma la cui esperienza audiovisiva è di base la stessa da decenni.
Con i giochi è diverso. Prendiamo Mountain, Metal Gear Solid 4 e The Legend of Zelda: Link’s Awakening e le esperienze non potrebbero essere più diverse nonché complesse da spiegare a parole.
Le interfacce dei servizi sono ancora poco amichevoli nei confronti delle nuove persone perché rendono poco immediato scoprire cosa è quella cosa che ho di fronte: cosa implica, come si gioca e che tipo di durata posso attendermi. Le descrizioni, simili alle sinossi dei film, faticano a spiegare esperienze sfaccettate e complesse che agiscono su più livelli.
Un modo per ovviare potrebbe essere, come fanno piattaforme come Netflix o Prime Video, di far partire un breve trailer pochi secondi dopo che viene selezionata la copertina: almeno si ha un’idea delle linee generali dell’esperienza. Anche quando è vaga: il trailer di Death Stranding non aiuterebbe molto, per esempio; ma sarebbe qualcosa. Oppure – visto che in questo senso lo streaming è centrato – far partire una brevissima sessione interattiva per comunicare il senso del gioco (lo so: non è facile).
Parliamo del lato tecnologico del videogioco – lo streaming, il mobile, la grafica – come se fosse l’unica cosa che può bloccare l’accesso ai videogiochi. Come se già oggi non esistessero metodi facili per accedervi, molte volte gratuitamente e con vari gradi di accessibilità (Super Mario Run e Monument Valley si giocano letteralmente con un dito).
Sul comunicare il videogioco – un medium la cui conformazione continua a cambiare di anno in anno – si può fare di più.