Topgamer ha annunciato che rivedrà il modo in cui esprime il suo giudizio sui videogiochi: anziché un voto (che spesso viene mostrato con un numero in una scala da 1 a 10 o da 1 a 100 oppure con delle stelle) sfrutterà diversi simboli, che, oltre al giudizio, descriveranno anche il contenuto.
Si tratta di un tentativo di cambiare l’approccio alle recensioni di videogiochi, che sono spesso causa di accese discussioni tra i lettori e la stampa specializzata: perché vengono confrontati i voti assegnati a giochi molto diversi, creando confusione e inutili attriti; perché il redattore deve difendere la scelta di aver assegnato un 78, per esempio, anziché un 80; o perché il giornalista deve difendersi per non aver rispettato le aspettative degli utenti stessi su quale voto avrebbe dovuto ricevere quel gioco (aspettative unicamente figlie della cultura dell’hype, a cui recensori e industria tutta raramente si sottraggono: ma questa è un’altra storia).
Il voto finale diventa insomma più importante della recensione stessa. Ci sono stati casi in passato in cui uno sviluppatore ha reso noto che l’editore non ha pagato un bonus perché la media sull’aggregatore di recensioni Metacritic non ha raggiunto un certo livello.
La questione del voto è molto ampia. Bisogna considerare, intanto, che i voti andrebbero contestualizzati nel momento in cui vengono dati: assegnare un 9 a un gioco, per esempio, significa dargli quel voto in quel momento storico. Eppure, il voto resta fisso e immutabile anche se un utente leggerà quella recensione ad anni di distanza, senza poter avere modo di sapere se quel gioco è invecchiato male, per esempio, e quindi quel voto così alto in realtà oggi ha meno senso.
Ciò ha portato alcuni siti, ultimo dei quali Topgamer in Italia, a passare a giudizi differenti. Nelle recensioni dell’edizione britannica di Eurogamer espressioni come “consigliato” o “da evitare” affiancano la sintesi finale della recensione (sono presenti delle stelle soltanto nei risultati su Google ai fini del posizionamento nelle ricerche). Kotaku ha abbandonato i punteggi finali. Si tratta però di casi sporadici: la maggior parte delle testate sfrutta ancora il voto tradizionale nelle recensioni dei videogiochi.
Scegliere che tipo di classificazione adottare non è semplice. Intanto perché una scuola di pensiero vuole che il voto ci sia: perché è la massima sintesi della recensione; non la sostituisce, ma ne rappresenta un complemento e quindi deve rimanere. Abbandonare il voto può significare, inoltre, arrendersi: anziché mantenere la propria posizione, giustificandola e difendendola se necessario, la testata lo toglie pur di evitare problemi coi lettori di fatto creando un precedente: le urla della comunità hanno vinto sulla ragione (un problema diffuso nel mondo videoludico). Inoltre, la mancanza di un voto può significare complicare il rapporto con i PR e le aziende, abituate a giudicare il riscontro di una data testata sulla base del numero alla fine dell’articolo; implica anche non arrivare su Metacritic (l’aggregatore di cui sopra) proprio per l’assenza del voto finale e quindi diminuire la visibilità dell’articolo.
Il settore dei videogiochi ha un problema con le recensioni. Per vari motivi:
- i rapporti con gli editori, che pagano i viaggi stampa, la pubblicità sui siti e forniscono i codici del gioco da recensire. Il che crea quanto meno una giustificabile diffidenza da parte del pubblico verso la reale imparzialità del recensore e della testata per cui scrive;
- c’entra la scarsa attitudine del lettore medio alla discussione critica e civile;
- c’entra il ruolo che svolgono le recensioni (che devono rispettare un embargo imposto dall’editore del gioco: ecco perché escono tutte alla stessa ora di un dato giorno antecedente all’uscita) nelle campagne di marketing delle aziende.
Un modo univoco, facile da perseguire, che metta tutti i siti d’accordo e che, per di più, eviti potenziali problemi con i lettori quindi è estremamente difficile da raggiungere; probabilmente nemmeno esiste.