La chiusura di XDefiant ci dice almeno due cose

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

In questi giorni mi è venuta in mente una delle prime scene di Batman: Anno Uno. È un fumetto disegnato da David Mazzucchelli e scritto da Frank Miller che (ri)racconta le origini del personaggio.

In una delle prime pagine vediamo il commissario Gordon seduto sul treno verso Gotham City, la famosa città in cui prende forma la storia di Batman e in cui inizierà a lavorare. Lui è in treno e ragiona su Gotham City e come la sta vedendo sua moglie, che invece sta viaggiando in aereo. “[…] in aereo, dall’alto, si vedono solo le strade e i palazzi. Ti inganna facendoti pensare che è civilizzata”.

Subito dopo, si vede Bruce Wayne – che sta tornando a Gotham City dopo un lungo addestramento – in aereo che fa lo stesso ragionamento. “Da qui, sembra quasi un grande traguardo”, dice riferendosi ai tanti edifici e all’estensione della città. “Avrei dovuto prendere il treno. Avrei dovuto essere più vicino. Dovrei vedere il nemico”.

Mi è tornata in mente questa scena perché, con grandi differenze, sembra che l’industria dei videogiochi – ma si potrebbe dire tutto l’intrattenimento e lo spazio culturale – viva una dinamica simile.

Guardandola dall’alto, o anche solo da lontano, si vedrebbero i grandi videogiochi da centinaia di milioni di dollari; il lancio delle nuove console; l’estensione di fenomeni come Fortnite, che sono sempre più parte della cultura e della quotidianità di milioni di persone, e non solo adolescenti; un mercato da quasi 300 miliardi di dollari; il ritorno delle acquisizioni grandi, quelle che eravamo abituati a vedere nel 2020 e nel 2021, a centinaia di milioni di dollari. E poi eventi come Milan Games Week e Lucca Comics & Games, fra gli altri: fiumi di persone che scorrono stipati pur di toccare le novità, di abbracciare chi di videogiochi (e non solo) parla e commenta, di comprare qualcosa.

Poi, da questo immaginario aereo, si scende. A quel punto si inizierebbe a sentire – andiamo avanti con la metafora – l’odore dello sporco, il rumore della città e a vedere le crepe. A sentire le persone parlare: ma non parlano del giro d’affari miliardario né delle bellezze. Non parlano di grandi gioie.

Così, chi sviluppa videogiochi non riesce a trovare i fondi o deve licenziare o deve guardare al di fuori dell’Italia.

Gli studi continuano a chiudere perché non riescono ad andare avanti.

Videogiochi che anche sulla carta hanno i numeri per essere dichiarati un successo devono essere chiusi perché devono avere ancora più successo: servono risultati ancora più eccezionali.

Chi scrive di videogiochi spesso finisce per andarsene, dal settore: perché farne un lavoro a tempo pieno (ma pure part time) sembra impossibile e appannaggio di pochi. Chi ci rimane invece deve andare avanti a compromessi: pubblicizzare, reclamizzare, rimanere alla mercé delle aziende, iniziare a parlare di altro, di action figure, di sconti, di cosplay.

L’industria dei videogiochi non è Gotham City. Eppure, dalla cima, dall’alto, si vede una situazione fantastica, grandiosa e in crescita. Sul fondo, invece, le cose sono molto diverse.

Massimiliano


Nella notizia della chiusura dello sparatutto online gratuito di Ubisoft, XDefiant, c’è tanto di cui parlare. Perché, ancora una volta, espone varie situazioni che non solo non stanno sparendo, ma che continuano a esserci – e probabilmente continueranno a esserci.

Ubisoft ha annunciato che il 3 giugno 2025 chiuderà i server di XDefiant, uscito lo scorso maggio su PC e console. Dal 3 dicembre non è più possibile registrarsi né scaricare il gioco, sebbene sia ancora prevista la terza stagione di nuovi contenuti. Di fatto, sono passati meno di sette mesi da quando XDefiant è arrivato e al momento in cui Ubisoft ha detto “ok, basta”.