Il danno collaterale dei licenziamenti

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Ogni domenica invio una nuova puntata.

Riflettendo sui licenziamenti – che sono stati una costante nell’industria durante lo scorso anno e temo continueranno quest’anno – mi sono tornate in mente le parole che l’ex presidente di Nintendo Satoru Iwata, scomparso nel 2015, disse agli investitori nel 2013.

“Se riducessimo il numero di dipendenti per il bene dei risultati finanziari nel breve termine, il morale dei dipendenti calerebbe”, risposte durante una sessione di domande. “Dubito sinceramente che i dipendenti che hanno paura di essere licenziati possano sviluppare software che riesca a impressionare le persone in tutto il mondo”.

Iwata è stato un dirigente meno perfetto di quanto la storia ricordi o di quanto la sua prematura scomparsa possa portare a pensare alterando ciò che ha fatto. Ma essere stato a sua volta uno sviluppatore – per esempio contribuì a Kirby e a Earthbound – ha sicuramente fornito a Iwata una prospettiva più ampia: e con quelle parole riuscì a centrare un punto del discorso molto importante, che invece oggi non vedo adeguatamente considerato dalle figure apicali.

I licenziamenti di massa che hanno travolto il settore lo scorso anno hanno impattato innanzitutto le persone licenziate – che avranno molta più difficoltà a trovare un altro posto di lavoro; o persino sceglieranno di cambiare settore, con tutto ciò che ne consegue se guardiamo ai talenti che perdiamo – ma toccano anche coloro che restano.

Intanto, per uno sgradevole istinto del sopravvissuto: “Perché io sì e l’altra persona no?”

Ma ci sono tanti altri aspetti, molto umani, da considerare: la difficoltà a dire no agli straordinari, per esempio. Perché, magari, la prossima volta che c’è da tagliare personale potresti finirci di nuovo in mezzo; quindi meglio stare a lavoro ogni volta che lo chiedono, anche oltre l’orario.

O il timore di sbagliare qualcosa; o la paura di rivolgersi alle risorse umane per un capo reparto problematico.

O ancora la quotidiana incertezza di potersi trovare un’improvvisa riunione nel calendario non prevista e che potrebbe annunciare ulteriori tagli. Oppure questa situazione rende più complicato insistere sui propri diritti e votare a favore della creazione di un sindacato.

I licenziamenti di questo tipo – non i licenziamenti in generale, che fanno parte del ciclo del lavoro; ma licenziamenti COSÌ grandi – creano un sistema più fragile anche per chi resta a lavorare.

Queste sono le condizioni quotidiane che stanno vivendo tante persone, sia negli studi più piccoli sia in quelli più grandi. Tutto ciò mentre a tali persone – come pubblico, come settore, come industria – chiediamo di creare videogiochi sempre migliori, sempre più grandi e supportati sempre più a lungo.