Netflix ha ufficializzato che inizierà a produrre videogiochi e che questi saranno inclusi nell’abbonamento al servizio senza costi aggiuntivi. Le prime produzioni saranno destinate ai dispositivi mobile. La società, in una lettera agli azionisti, ha però specificato che il programma è nelle prime fasi: è tutto in divenire, insomma. Per cui, ancora non sappiamo tante cose: quando uscirà il primo gioco; che tipo di gioco sarà; quanti ne usciranno ogni anno.
In un articolo su DDAY ho riassunto alcuni dei motivi che hanno spinto Netflix ad aggiungere proprio i videogiochi al suo catalogo. In sintesi:
- La concorrenza nel settore dello streaming audiovisivo è sempre più forte
- I videogiochi sono un contenuto che, se ben fatto, può aumentare il coinvolgimento degli utenti e quindi aumentare le probabilità che rinnovino l’abbonamento
- Più in generale, molte società che hanno attivato un servizio di film e serie TV in streaming propongono anche videogiochi (per esempio Amazon e Apple, oltre a Disney), ampliando l’offerta dei contenuti destinati all’intrattenimento.
La scelta dei giochi mobile è sensata. Principalmente perché quei giochi Netflix li offrirà in streaming. Per loro natura, i giochi mobile sono più leggeri e meno intensivi; quindi più facili da trasmettere in streaming senza problemi di latenza. C’è un altro elemento da considerare: è altamente probabilmente che chi è abbonato a Netflix abbia uno smartphone e quindi possa giocare dei giochi mobile in streaming.
Lo smartphone è per sua natura già completo, basta sfruttare lo schermo touch. Per quanto lo streaming offra la possibilità di fruire su smartphone dei giochi nati su console e PC, servono periferiche dedicate (controller oppure mouse e tastiera) per giocarli a dovere: qualcosa che tanti abbonati a Netflix non hanno.
Ci sono però altre considerazioni da fare. Netflix è già indebitata: produrre continuamente contenuti è molto oneroso. Netflix, quindi, si sta impegnando a investire molti milioni di dollari quando ne sta già spendendo miliardi per film e serie TV.
“Offrire gratuitamente i giochi aiuterà a far crescere la base di utenti, ma non è sostenibile a lungo termine come modello di business” secondo Paolo Pescatore, analista presso PP Foresight.
Per altro, ci sono molti esempi di multinazionali che hanno sottovalutato l’impegno: Google ha smantellato gli studi interni dopo aver compreso quanto costasse sviluppare videogiochi, mentre Amazon non ne ha azzeccata ancora una. Aver avuto successo in altri settori (e-commerce, cloud, motori di ricerca) non è una garanzia di riuscire in uno dei progetti più ostici al mondo: produrre un videogioco.