Una scelta diversa

Stai leggendo Insert Coin: una newsletter con cui racconto i videogiochi, il loro mercato e gli sviluppatori.
Ogni domenica invio una nuova puntata.

L’uscita di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom ci ha (ri)mostrato una cosa: è possibile scegliere (è stata davvero una scelta per Nintendo considerato l’hardware di Switch? Vabbè, ci siamo capiti) di non puntare sull’incredibile fotorealismo per i videogiochi – un’asticella che è sempre più alta da superare – e preferire, invece, un’esperienza pulita e comunque vincente.

In altre parole: non inseguire la tecnica perché sì, ma preferire la giocabilità, la creatività, l’esperienza e poi – se si può fare – l’aspetto tecnico, che richiede enormi investimenti, tanta fatica e può comportare portare a lanci complicati, come quelli recenti visti su PC e non solo. Ciò non perché The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sia un gioco tecnicamente sbagliato e il suo stile visivo è comunque molto riconoscibile; ma perché l’intera filosofia recente di Nintendo è basata sull’idea che la tecnica, da sola, non vende i videogiochi – e ha ragione.

Certo: è The Legend of Zelda, ha venduto dieci milioni di copie in tre giorni e quindi certi ragionamenti sono specifici di questa produzione, di questo marchio e di questa società.

È evidente, però, che spingere sempre più in alto l’aspettativa del realismo della grafica dei videogiochi sta portando l’industria verso un punto in cui le produzioni costano tantissimo, escono male e richiedono mesi di correzione. Verso un punto in cui, detto in altro modo, diventa più complicato fare videogiochi e molto più facile sbagliare.

Forse è il momento di riflettere se l’avanzamento tecnico e visivo è fine a se stesso? Se è questa la strada da seguire?

Il videogioco vive anche di quest’anima tecnologica: un’anima che, per sua natura, sfida costantemente se stessa in cerca di nuove frontiere e di ottimizzazioni.

Però, nel caso del videogioco, tale caratteristica sta creando tanti problemi produttivi: basta parlare con qualunque persona che sia coinvolta, a vario titolo, nella gestazione di un videogioco (da chi disegna le missioni fino a chi localizza i videogiochi) per comprendere che la strada è in salita; che essere nel vortice della produzione è un mezzo massacro e che alla fine ne esci sfinito e spossato.

Insomma: sarebbe così sbagliato pensare di fermarsi qui con l’evoluzione tecnica? Stabilizzarla in modo da potersi concentrare su altro, per evitare una crescita esponenziale della difficoltà di sviluppare videogiochi?

Io una risposta non ce l’ho, sebbene veda di fronte a me sempre più notizie che mi dicono qualcosa. Però sono convinto che sia il caso di parlarne.