Non abbiamo ancora capito come assegnare i voti ai videogiochi

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Il sistema dei voti adottato per le recensioni è spesso al centro di varie discussioni. Anzi, prima ancora che del sistema con cui viene valutato un videogioco e secondo quale scala debba essere assegnato il voto, talvolta ci si domanda pure se il voto abbia senso o meno: perché spesso qualunque dibattito attorno al giudizio si sofferma, per esempio, su come quel voto dev’essere paragonato a un altro voto assegnato precedentemente a una produzione di pari valore o simile nelle dinamiche.

È in questo contesto che si inseriscono due novità recenti, una italiana e una estera.

La prima è di Multiplayer.it. Dopo anni in cui ha usato una scala di voti da 1 a 10 con l’intera scala di decimali (anche voti come 6,1 o 4,7 per intenderci) la testata ha deciso che farà uso solo dei mezzi voti, aderendo quindi a un sistema più semplice.

Il direttore editoriale di Multiplayer.it, Vincenzo Lettera, ha sottolineato che “il precedente sistema di votazione finiva per essere inutilmente soverchiante, con una miriade di voti diversi che confondevano senza comunque essere in grado di sintetizzare in maniera efficace le diverse valutazioni dei giochi. Riducendo il numero di possibili voti si ha invece una rappresentazione più chiara della qualità di un gioco senza sommergere il lettore di informazioni inutili, e sia il recensore che il lettore possono concentrarsi su quello che davvero è importante nella recensione di un gioco: il contenuto della recensione”.

Qualcosa di simile è avvenuto all’edizione internazionale di Eurogamer. Da anni, Eurogamer aveva abbandonato del tutto i voti, preferendo invece assegnare delle etichette, come “da evitare” o “consigliato”.

Anche questo sistema, però, si è rivelato inadatto a coprire l’eterogeneità di situazioni e a fornire al pubblico le informazioni adeguate, secondo la redazione. Così ha deciso di reintrodurre di nuovo i voti, ma con una scala da una a cinque stelle.

“Per anni”, ha scritto il direttore Tom Phillips, “ho sentito che i nostri badge per le recensioni non stavano funzionando abbastanza né per noi né per voi. Abbiamo finito per consigliare un sacco di giochi o non dare alcun badge a tanti altri – e ciò ha significato che i lettori non abituati con il nostro strano sistema non sapevano come muoversi. Abbiamo raramente usato ‘da evitare’, perché ci è sempre sembrato un po’ cattivo”.

Per Phillips, la scala da 1 a 10 usata da tantissime testate rimane “rotta” a causa del fatto che si tende a usare soltanto la metà superiore (cioè i voti dal 6 al 10): da qui, la scelta delle stelle come metodo di valutazione. “Allo stesso tempo, credo fortemente che dobbiamo raccontare il nostro parere sui giochi in un modo più diretto”.

Queste due novità viaggiano su due binari paralleli.

Il primo è che, di fatto, si fatica a trovare un metro di giudizio che, intanto, sia valido per riassumere la propria opinione e, poi, riesca anche a evitare che chi legge la recensione si soffermi solo su quello (ma in un sistema dove il principale aggregatore delle recensioni, Metacritic, influenza l’erogazione di bonus agli sviluppatori mi sembra un po’ utopico).

Il secondo: non riusciamo a identificare un sistema di valutazione che funzioni. E se ne stanno provando tanti: a non dare voti, a dare voti con mezzi punti, senza mezzi punti, con le stelle. Eppure, sembra che ogni volta non funzioni o che gli obiettivi prefissati poi non siano stati centrati.

Credo che sia ottimo che si sperimenti e che si continui a provare, ma allo stesso tempo ciò che Phillips ha detto per Eurogamer – cioè che chi non era abituato al loro sistema di valutazione poteva essere spaesato – vale un po’ per tutto il pubblico: se ogni testata usa una scala diversa, allora mettere insieme i voti delle recensioni (se si decide di tenerli) diventa veramente complicato. Come confronto un 80 o un quattro stelle, per esempio?

Da una parte, quindi, sembra che non abbiamo ancora capito come assegnare i voti ai videogiochi; dall’altra, come spiegare quei voti a chi legge le recensioni.

E questa è un’altra delle sfide che l’informazione sui videogiochi, nel suo piccolo, deve capire come affrontare.